VISIONI

Japan, strategie oscure oltre la new wave

RISTAMPE
ROBERTO FRANCOgb

Quella dei Japan è stata una vicenda incardinata in pochi essenziali passaggi che conducono il post-punk all’art rock e oltre. I Japan sono stati maestri di stile, benché all’inizio fossero accusati di mancare proprio di questo. Discepoli dei New York Dolls (David Sylvian, il frontman, prende il suo pseudonimo proprio da Sylvain Sylvain, chitarrista dell’ensemble newyorkese), hanno un look confuso e un suono punk-glam molto duro, nobilitato però dagli spunti fusion del fantastico bassista Mick Karn e dalla ritmica in generale molto vivace e originale che, coinvolgendo il batterista Steve Jansen (fratello di Sylvian), dà un tono ai primi due lavori della band.
AMICI E COMPAGNI di scuola dei sobborghi di Londra, i Japan sono degli outsider. Firmano con la Hansa grazie ai buoni uffici del celebre manager Simon Napier-Bell. Ma il primo album, Adolescent Sex (’78) è fondamentalmente punk, anche se reso particolare da trovate ritmico-elettroniche. Spiccano le liriche per intelligenza e utilizzo di lievi, appena accennati paradossi o nonsense, ma ciò non basta: né questo album né il successivo, più deciso Obscure Alternatives ottengono riscontri di vendite o una buona stampa. Confrontati con una scena post-punk che con Pop Group, Siouxsie And The Banshees. Magazine sta compiendo passi da gigante in fatto di forma e stile, i Japan appaiono mediocri.
L’unico mercato in cui sfondano è quello giapponese. Viene quindi elaborata una strategia di aggressione del mercato occidentale che prevede un cambio di look, più ricercato e raffinato, che ne fa capofila involontari della nascente legione dei new romantic, e la realizzazione di un singolo synthpop con Giorgio Moroder, Life in Tokio il quale, pur eccellente, passa inosservato. Nell’album Quiet Life (’79), la sofisticatezza e l’impressionismo della musica, con eleganti groove di Jansen e stacchi di sax di Mick Karn, definiscono un suono più che un tipo di canzone, La scelta come produttore di John Punter, che ha lavorato con i Roxy Music non è casuale: Quiet Life con il suo ambient sottotraccia, il suo senso di nostalgia e struggimento, il suo sound spesso funky-soul ma quasi stregato, ultraterreno, si allinea a un trend di estraniamento dal rock verso dimensioni inimmaginabili, ma al tempo stesso suona «esteriormente» come un album dei Roxy Music, causando la bocciatura della stampa.
L’ENSEMBLE, lasciata la Hansa per la Virgin, si emanciperà da questa derivazione con Gentlemen Takes Polaroids, con un uso ancora più sottile del soul e Tin Drum (’81) con un’incredibile ricerca sulla musica dell’Estremo Oriente, che ne farà un caposaldo della world music. Scioltasi la band dopo la pubblicazione di un doppio live con inediti in studio, i componenti conosceranno brillanti carriere soliste, ma sarà Sylvian a portare avanti, in modi inusuali, il romanticismo catturato dalla seconda fase del gruppo.
Il box set di Quiet Life, licenziato dalla BMG, comprende l’album originale rimasterizzato sia in cd che in vinile, e 2 cd di alternate di singoli, b-sides mix e rarità, oltre a un’esibizione dal vivo dell’80 in Giappone, dalla qualità non sempre buona.

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