COMMENTO

L’aria (nera) che tira nel Belpaese

Senza memoria
DAVIDE CONTIitalia/roma/etiopia

Nei giorni compresi tra il 21 e il 29 maggio del 1937, come vendetta per un’azione di guerra realizzata dalla Resistenza etiope che ferì il «vicerè» Rodolfo Graziani. i militari italiani inviati dal fascismo a conquistare l’impero coloniale realizzarono uno dei più efferati crimini di guerra compiuti dalle truppe del regio esercito nella cosiddetta Africa Orientale Italiana. A Debra Libanòs i soldati agli ordini del generale Pietro Maletti sterminarono circa 2000 persone.
Tra preti, diaconi, disabili e studenti dando seguito all’ordine di «liquidazione completa» impartito dallo stesso Graziani ed eseguito con zelo da Maletti.
Nei giorni dell’anniversario del massacro l’ANPI ed una delegazione della comunità etiope in Italia hanno organizzato una manifestazione nella cittadina di Affile dove è stato eretto un monumento celebrativo a Graziani. Una sentenza del marzo 2021 della Cassazione ha annullato con rinvio la condanna emessa in primo grado ed in appello contro il sindaco di Affile, che quel monumento ha voluto, e nel frattempo il reato di apologia del fascismo è andato in prescrizione. Dunque i mattoni che celebrano il soldato fascista restano lì.
GRAZIANI FU NON solo criminale di guerra in Africa e uomo del regime ma anche ministro della Guerra e capo di stato maggiore della repubblica collaborazionista di Salò; firmatario dei bandi di reclutamento forzato dei giovani; uomo dell’alleanza continuata con i nazisti; responsabile della guerra civile in Italia.
La vicenda che lo riguarda rappresenta con efficacia l’aria che si respira nella società italiana al tempo della crisi sanitaria e sociale della pandemia.
Un Paese in cui non gruppuscoli di estrema destra ma la Marina Militare sul proprio profilo social ufficiale e nel suo sito internet celebra le azioni contro le forze Alleate britanniche compiute nel 1941 a Creta dalla X Flottiglia Mas.
Un Paese in cui non un’associazione nostalgica ma la magistratura della Repubblica ritiene possibile che le istituzioni erigano un monumento ad un criminale di guerra senza commettere reato di apologia del fascismo.
Un Paese in cui un deputato del Parlamento e un sindaco di estrema destra in provincia di Ascoli Piceno celebrano l’anniversario della marcia su Roma e dove consiglieri di Cogoleto (Liguria) in una seduta inscenano nell’aula del comune il saluto romano.
Sono retaggi che vengono dal passato e si nutrono delle rimozioni e della pavidità italica nel fare i conti con quella storia che nei suoi corsi e ricorsi intreccia passato remoto, passato prossimo e presente.
Nel dopoguerra Graziani rimase impunito per i suoi crimini in Italia e all’estero e già nel 1953 in un comizio poté mostrarsi nel celebre «abbraccio di Arcinazzo» con l’allora delfino degasperiano Giulio Andreotti in nome di un’Italia anticomunista prima ancora che antifascista.
IL PIETRO MALETTI autore della strage di Debra Libanòs fu il padre del futuro generale Gianadelio Maletti capo dell’ufficio D del servizio segreto militare (Sid) negli anni Settanta e condannato nell’ambito dell’inchiesta per la strage di Piazza Fontana per favoreggiamento dell’esponente di Ordine Nuovo Marco Pozzan e dell’agente neofascista del Sid Guido Giannettini.
La X Mas omaggiata dalla Marina Militare era comandata da Junio Valerio Borghese membro dell’aristocrazia nera romana che nel 1970 organizzerà un colpo di Stato contro la Repubblica democratica dopo aver fondato il gruppo eversivo Fronte Nazionale.
AD INTRECCIARE biografie e figure come quelle di Borghese o Graziani e a restituire il peso della mancata Norimberga italiana nella Repubblica ieri ci fu il Msi, partito di cui entrambi furono presidenti onorari, ed oggi il partito dell’estrema destra parlamentare, dato in forte ascesa di consensi, che l’emblema missino della fiamma tricolore porta nel suo simbolo così come l’eredità di Giorgio Almirante già segretario di redazione della Difesa della Razza negli anni della persecuzione contro gli ebrei e poi, nel 1944, capo di gabinetto del ministero della cultura popolare della repubblica di Salò. Rivestendo quella carica Almirante firmò il bando del governo collaborazionista che minacciava la fucilazione alla schiena di tutti quei giovani italiani «sbandati» (soldati che scelsero di non arruolarsi nelle milizie fasciste) o «appartenenti a bande» (partigiani) che non si fossero presentati presso i comandi nazisti e repubblichini.
QUEL MANIFESTO, per chiudere il cerchio, rientrava nelle disposizioni previste dai famigerati bandi Graziani che (tra le altre) causarono in provincia di Grosseto la strage di Niccioleta del 13-14 giugno 1944 con la fucilazione di 83 minatori che si erano rifiutati di rispondere a quei bandi recanti la firma di Giorgio Almirante e voluti dal «soldato» oggi celebrato ad Affile.
Ieri a Roma i “fascisti del terzo millennio”, come amano definirsi, di Casapound hanno manifestato grazie all’autorizzazione del Viminale e del nuovo questore di Roma, nonostante il parere contrario non solo di organizzazioni democratiche e di sinistra ma della stessa sindaca di Roma Virginia Raggi. E meno male che in piazza hanno trovato anche stavolta il presidio dell’Anpi. Tira in Italia una brutta aria “nera”.

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