CULTURA

Repubblica, battaglia con l’orologio alla mano

«2 giugno 1946. Storia di un referendum» di Federico Fornaro
DAVIDE CONTIITALIA

Il 2 giugno 1946 ha segnato nella storia d’Italia l’alba della democrazia concludendo quel «viaggio al termine della notte» a cui il Paese era stato condannato dal ventennio fascista.
L’elezione a suffragio universale, con diritto di voto e partecipazione delle donne, dell’Assemblea Costituente ed il referendum istituzionale che permise all’Italia di farsi Repubblica rappresentarono tuttavia un approdo storico non scontato, caratterizzato da una traiettoria politica sia interna che internazionale non priva di conflitti, tensioni e spinte contrapposte sui fronti della continuità e discontinuità dello Stato.
QUESTO COMPLESSO di fattori è ricostruito e restituito in modo convincente dal volume di Federico Fornaro 2 giugno 1946. Storia di un referendum (Bollati Boringhieri, pp. 208, euro 14). Un libro che ripercorre, con rigore storico privo di retoriche celebrative, la traiettoria della fase per eccellenza periodizzante della storia del nostro Paese: quella compresa tra l’8 settembre 1943 che segna il collasso dello Stato monarchico (come conseguenza della guerra condivisa con il fascismo) e la faglia del referendum che chiude, con voto popolare, i conti dell’Italia con i Savoia segnando un evento di portata epocale «Mai nella storia è avvenuto, né mai ancora avverrà - scrive Piero Calamandrei - che una repubblica sia stata proclamata per libera scelta di popolo mentre era ancora sul trono il re».
PROPRIO QUESTA eccezione della storia è il punto di osservazione che Fornaro sceglie per allargare lo sguardo sul contesto politico nazionale-internazionale; sul quadro istituzionale e militare; sul ruolo della Resistenza e dei partiti antifascisti e sul loro rapporto conflittuale con la monarchia.
LA RESA INCONDIZIONATA dell’Italia l’8 settembre 1943, edulcorata dal termine «armistizio», pone il ruolo degli Alleati come leva di forza dei destini futuri del Paese e il libro, in quest’ottica, affronta il nodo centrale dell’alleanza competitiva Usa-Gran Bretagna per l’egemonia sul Mediterraneo che passava per il controllo dell’Italia. Da questa relazione in seno agli Alleati e dalle scelte da essi imposte sulla base dei rapporti di forza reali traggono origine i processi contraddittori, le torsioni e i conflitti inerenti la «tregua istituzionale»; la formazione del secondo governo Badoglio con la partecipazione dei partiti antifascisti (risultato della «svolta di Salerno» del Pci di Togliatti); le modalità di proseguimento della guerra contro i nazisti; il «Giano bifronte» continuità/discontinuità incarnato dalla forzata assimilazione di due opposti: la monarchia e la Resistenza, il governo di Roma e il CLN-Alta Italia.
È IN QUESTO QUADRO che l’autore colloca la questione del «compromesso referendario» risultato mediano tra le sinistre che avrebbero voluto sciogliere a favore della Repubblica la questione istituzionale nel seno dell’Assemblea Costituente e, di contro, le componenti moderate liberali e democristiane che, con il sostegno anglo-americano, rivendicarono la necessità di un «plebiscito».
Il 26 febbraio 1946, dopo pressioni inglesi su Nenni, «il nodo politico-istituzionale - scrive Fornaro - venne finalmente sciolto con l’adesione di socialisti e comunisti alla proposta del referendum abbinata alle elezioni. Si era di fronte ad una lotta politica essenziale per i destini dell’Italia democratica, «una battaglia con l’orologio alla mano - affermò Nenni - ogni minuto contava e giocava contro di noi».
Il risultato del 2 giugno, su cui ebbe un peso non secondario la scelta dei termini politici e temporali dell’amnistia Togliatti promulgata venti giorni dopo, determinò la più incidente rottura della transizione italiana dal fascismo alla democrazia dando corpo ad una volontà popolare che rese indiscutibilmente legittima (più ancora che una scelta solo parlamentare) la fine della monarchia e l’apertura di una fase nuova della storia del Paese.
Ricorderà Lelio Basso, da subito schierato per il voto, che «la resistenza al referendum veniva anche da una rinascente mentalità parlamentare che cominciava a invadere la sinistra. In altre parole accordavo maggiore fiducia alle masse popolari che ai vertici della Dc».

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