COMMENTO

La bozza del G20 non si lascia scomporre

Salute globale
NICOLETTA DENTICOEUROPA/ITALIA/ROMA

Solo speculazioni e bozze di documenti passate di soppiatto, a poche ore dal summit sulla salute globale (Global Health Summit) del G20 che prende avvio domani, in una atmosfera molto esclusiva e rarefatta, sotto la presidenza italiana insieme alla Commissione Europea. Saranno Mario Draghi e Ursula Von der Leyen ad aprire i lavori.
I leader saranno ispirati entrambi dalla narrazione delle «lezioni apprese» dopo 17 mesi di pandemia.
Il summit è visto da molti come uno snodo decisivo per coordinare le azioni future contro la pandemia, data la crescente importanza che la comunità internazionale attribuisce al G20. Preceduto da una incontri di avvicinamento nei mesi di aprile e maggio, il summit sulla salute globale di Roma si colloca alla vigilia di una serie di eventi istituzionali di massimo rilievo. La prossima settimana inizia la 74ma Assemblea dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) a Ginevra, il 31 maggio sempre a Ginevra l’Organizzazione Mondiale del Commercio (Omc) organizza un incontro informale del Consiglio dei Trips prima di quello formale del 7 e 8 giugno, poi ci sarà il G7 in Cornovaglia, dall’11 al 13 giugno. Si intuisce insomma un costrutto di lavoro pianificato, e forse anche un senso di direzione che le leadership mondiali intendono imprimere alla gestione della pandemia prima che la situazione rischi di sfuggire di mano, sotto le pressioni delle opinioni pubbliche sempre più consapevoli delle ingiustizie strutturali che muovono le politiche sanitarie. In diverse sedi multilaterali si tenta di sbrogliare la matassa geopolitica più intricata del momento: come superare l’apartheid sanitario che stratifica lo squilibrio fra nord e sud del mondo sul tema dell’accesso ai vaccini contro Covi19. Il problema dei leader mondiali è riuscire ad allargare le maglie della immunizzazione senza mettere mano alle regole del commercio internazionale e soprattutto senza scalfire i monopoli delle imprese private.
Non è detto che l’esito del vertice di Roma corrisponda pertanto alle migliori aspettative. La bozza della Dichiarazione di Roma - ancora suscettibile di modifica - non lascia intravedere grandi aperture. Il sito del summit si pregia di aver consultato le organizzazioni della società civile per la preparazione dell’incontro - convocate in effetti per un’ampia consultazione il 20 aprile scorso. Tuttavia, nella bozza della Dichiarazione non c’è traccia delle loro raccomandazioni, veicolate con inusitata efficacia e convergenza, al netto di vaghe enunciazioni sulla necessità di investire sulla salute e sui beni pubblici.
La Dichiarazione del G20 glissa clamorosamente sulla questione che tiene vivo il dibattito politico internazionale: la sospensione dei diritti di proprietà intellettuale richiesta lo scorso ottobre all’Omc da due paesi membri del G20, India e Sudafrica, e rilanciata in nuova versione dal presidente Biden. La scarsità globale di produzione di vaccini potrebbe essere superata se i produttori di farmaci sparsi per il mondo potessero accedere alla tecnologia blindata dai monopoli di proprietà intellettuale, e alla conoscenza scientifica contro Covid19 prodotta con i fondi pubblici. Il tema della gestione della conoscenza, così decisivo per il futuro nel solco delle lezioni apprese della pandemia, domina le discussioni parlamentari e accademiche ovunque, ma la bozza del G20 non si lascia scomporre. Accoglie invece le esitazioni della Commissione europea e i dubbi di altri paesi produttori, contrari alla deroga brevettuale e convinti che la rimozione delle barriere all’esportazione, una cooperazione mediata tra produttori di vaccini e il trasferimento volontario del know-how siano la soluzione per aumentare la produzione. Insomma, la logica è supportare il coinvolgimento delle aziende private nella creazione di una maggiore capacità produttiva, rafforzando il sistema di approvvigionamento dei vaccini. Dalle indiscrezioni raccolte, risulta che pur di evitare la deroga dei diritti di proprietà intellettuale il G20 sia disposto a proporre la messa in comune volontaria dei brevetti (patent-pooling), una misura che le case farmaceutiche non vedono di buon occhio, tanto che nessuna di loro ha mai condiviso alcunché nel Technology Pool creato dall’Oms nell’aprile 2020. I detentori dei brevetti che volessero condividere le tecnologie invece ne trarrebbero vantaggio, perché resterebbe comunque in capo a loro la gestione delle licenze. Così i monopoli che incrementano i profitti delle farmaceutiche durante la pandemia sono salvi.
La Dichiarazione non introduce neppure per sbaglio uno sguardo di genere sulla pandemia e le sue soluzioni. Eppure le donne hanno pagato il prezzo più alto, dice il rapporto del Panel indipendente dell’Oms. La violenza di genere è quintuplicata nel 2020, le inequità di genere segnano la ferita più dolorosa della pandemia, da cui esce a pezzi anche il multilateralismo.
Infine, il testo appare un manifesto di principi più che di obiettivi concreti. Manca ogni impegno serio a finanziare le iniziative come Act-Accelerator e Covax, sebbene l’Oms chieda da tempo con urgenza sforzi di cooperazione finanziaria per almeno 18,5 miliardi di dollari, per l’acquisto e distribuzione dei rimedi che servono nei paesi a basso reddito. Il negoziato G20 deve ancora comporsi nell’allineamento tra sedi istituzionali, forse. Ma il generico riferimento alla «condivisione globale delle dosi via Covax» rimanda al G20 come a una chimera, più che a una sede risolutiva.

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