VISIONI

«Due», l’amore segreto sul pianerottolo di Nina e Madeleine

In sala il 6, il film di Filippo Meneghetti con Barbara Sukowa e Martine Chevallier, coppia che sfida la vita
CRISTINA PICCINOITALIA

Un amore. Assoluto e insieme prigioniero del quotidiano, di solitudini forzate, di un desiderio costretto alla clandestinità. È su questi bordi in opposizione che vivono il loro incontro, e la loro relazione, Nina e Madeleine. La prima, col nome cecoviano e la sfida di una vita libera, di cui non sappiamo nulla, che l'ha portata nella provincia tranquilla francese – uno strano posto da scegliere per la pensione commenterà la figlia di Madeleine.
DI LEI INVECE, di Madeleine, sappiamo tutto, o quasi, lo intuiamo nei passaggi di un'esistenza segnata dalle rinunce «per il bene di»: un matrimonio triste, il marito che detestava ma col quale è rimasta fino alla di costui morte per i figli, una femmina a sua volta madre e separata, e un maschio arrogante e innamorato del padre che la festeggiano e la crocifiggono senza curiosità né confidenza al ruolo che le hanno scritto - e che si è scritta - da sempre: fedele alla memoria famigliare e alla routine nell'appartamento che custodisce gelosamente le tracce della loro infanzia. Come dirgli di questo amore che va avanti da decenni? Che tra le mura di famiglia lei e Nina ballano, ridono, fanno l'amore - e progettano la fuga a Roma, dove si conobbero tanto tempo prima?
Madeleine è paralizzata, le parole le mancano davanti a Nina e davanti ai figli. Ma è stato sempre così, Nina, irruenta e definitiva, un «tutto o niente» di passate ribellioni che raccontano i pochi oggetti nella sua casa vuota - un disco di Janis Joplin, l'immagine di Pierre Clementi - l'ha seguita fin lì, l'ha aspettata, controcampo di un'esistenza possibile, di una felicità possibile che passava da una all'altra sul pianerottolo del palazzo calibrando i gesti e le piccole fughe, il rimpiattino degli istanti. Polanski e La finestra sul cortile più molto altro, ma soprattutto una geometria amorosa.
Due (Deux) - in sala con Teodora dal 6 - è il film d'esordio molto premiato di Filippo Meneghetti - la Francia lo ha candidato nella categoria del miglior film internazionale agli Oscar – un melodramma tra echi sirkiani e di quella «Nuova onda» del cinema tedesco anni Settanta nella presenza di una delle sue icone, la meravigliosa Barbara Sukowa nel ruolo di Nina - anche se il suo autore, quarantenne padovano che vive a Parigi (dove da qualche parte ha detto si è trasferito per amore proprio come la «sua» Nina) preferisce riferirsi al «thriller e alla suspense»- «È una vicenda di non detti, di segreti l'ho pensata da subito in questi termini con le sceneggiatrici» (Malysone Bovorasmi e Florence Vignon ndr).
Poi accade qualcosa, la vulnerabilità di Madeleine, a cui dà vita Martine Chevallier, protagonista della Comedie française, diviene segno, il corpo mostra la sua gabbia: malattia come metafora di quella costrizione, del timore dello sguardo altrui, di un «coming out» troppo difficile. Anche se non è questo per Meneghetti il centro della narrazione, l'omosessualità è una questione importante specie per Madeleine – dire ai figli che ama un'altra donna appunto la terrorizza - ma la regia lo rende uno dei componenti di questo interno emozionale come il fatto che le due innamorate siano anziane, cosa che certo è rara al cinema visto che le donne, le attrici, specie in Italia sono quasi sempre giovani e appena poco sopra i quaranta vengono già relegate a ruoli di mamme e poi direttamente di nonne, e l'amore diventa quasi un tabù che Meneghetti insieme alle sue attrici sormonta ma senza retorica o enfasi. La sua regia si pone all'ascolto dei personaggi portandoli in una dimensione astratta.
POTREMMO vedere Due come una fiaba in cui Nina coi suoi capelli rame e il vestito rosso come un antico cavaliere cerca con ogni mezzo di liberare l’amata dalla torre in cui è rinchiusa. E quello che prende vita negli atti mancati e nei gesti fantasmatici di tutti i personaggi - le due donne e la figlia di Madeleine arrabbiata per ciò che considera il tradimento materno, Lea Drucker – è la messinscena di una universalità delle emozioni, modulate con delicatezza, nutrite da un quotidiano a volte persino invisibile che ne è il teatro e lo spazio.
Riuscirà Nina a liberare Madeleine? A farle varcare infine la soglia di quell'appartamento/esistenza che la soffoca? Non lo diremo (qui c'è la suspense). Ma: «Se verrai con me, Sul mio carro tra le nuvole ... Tu vivrai con me In un'isola fantastica» canta Betty Curtis nella loro canzone del cuore. E questo altrove è dove ci porta il film.

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