INTERNAZIONALE

Lapid premier designato, ma non è la fine dell’era Netanyahu

ISRAELE VERSO UN NUOVO GOVERNO (FORSE). NEI TERRITORI PALESTINESI ESCALATION DI VIOLENZE
MICHELE GIORGIO ISRAELE/GERUSALEMME/TERRITORI/GAZA

«Calma, non vendiamo la pelle dell’orso prima di averlo ucciso. Più volte in passato ha saputo venir fuori da situazioni che lo vedevano sconfitto», ci dice Hillel Cohen analista e docente di storia all’Università ebraica. L’orso è il premier uscente Benyamin Netanyahu che, pur avendo vinto le elezioni del 23 marzo, martedì a mezzanotte ha dovuto rinunciare all’incarico di formare un nuovo governo, che gli aveva affidato il capo dello Stato Rivlin, dopo 28 giorni di trattative infruttuose per la formazione di un nuovo esecutivo di destra.
«IL QUADRO È FLUIDO, può succedere di tutto e Netanyahu sa che può tornare in sella. E comunque faremmo bene a domandarci quale tipo di governo segnerà eventualmente l’inizio del post Bibi. Non sarà in ogni caso un governo di svolta che promuoverà diritti, uguaglianza sociale e pace (con i palestinesi)», prevede Cohen riferendosi a chi, non solo in Israele, già parla di fine politica di Netanyahu e del primo metro fatto verso una nuova fase.
Come dargli torto. Mai come in questi giorni, tra l’indifferenza delle presunte democrazie occidentali, la Cisgiordania occupata è sul baratro di una grave escalation. I coloni israeliani compiono rappresaglie contro i villaggi arabi a seguito dei colpi esplosi da una cellula palestinese contro due israeliani, rimasti feriti, alla fermata d’autobus di Zaatara (Nablus). Dopo il raid a Jalud, martedì notte hanno dato fuoco ai campi coltivati intorno a Burin. E l’esercito continua i rastrellamenti e gli arresti di palestinesi, in particolare a Aqraba, per catturare gli autori della sparatoria.
SENZA DIMENTICARE che a Gerusalemme da alcuni giorni, ogni sera, la polizia reagisce con il pugno di ferro alle proteste di palestinesi e attivisti ebrei per lo sgombero imminente di case arabe che saranno assegnate a coloni israeliani legati all’estrema destra religiosa.
La cautela è d’obbligo, ripete Cohen. Però è innegabile che Netanyahu stia vivendo uno dei momenti più complessi della sua vita politica. L’aver fallito la formazione del nuovo governo – a causa soprattutto della sua personalità divisiva che gli ha procurato nemici anche a destra – lo espone maggiormente alle conseguenze del processo per corruzione che affronta da settimane.
E da ieri il suo principale avversario, il centrista (che pende a destra) Yair Lapid è il nuovo premier incaricato. Il presidente gli ha affidato il mandato di formare il governo «sulla base delle indicazioni dei partiti secondo cui ha dalla sua 56 seggi (su 120)». Lapid ha ricevuto il sostegno di sette partiti inclusi quelli arabi della Lista unita e Nuova Speranza (destra laica) di Gideon Saar, uscito lo scorso anno dal Likud di Netanyahu. Potrebbe ricevere quello del nazionalista religioso Naftali Bennett corteggiato invano per settimane dal premier.
Contro le previsioni e i malumori della base del suo partito sostenuto in maggioranza da coloni e religiosi sionisti, Bennett ieri ha scelto la strada di un governo «di emergenza nazionale». Ha aperto la strada a un esecutivo unitario ed eterogeneo con Lapid, che eviti a Israele le quinte elezioni in poco più di due anni e metta fuori gioco Netanyahu. Facile a dirsi. Netanyahu si giocherà tutto nel tentativo di far fallire questo progetto già fragile. Metterà la partita sul piano ideologico, giocando sulle differenze tra partiti di destra e quelli di centrosinistra. Mobiliterà i coloni per spingere i deputati di destra a non seguire i leader dei loro partiti favorevoli al governo Lapid-Bennett che ieri sera ha già descritto «di sinistra». Con l’obiettivo non irrealistico di portare Israele alle quinte elezioni.
LA MACCHINA MILITARE israeliana intanto non fa soste. La Siria ha denunciato di aver subito un nuovo attacco aereo sulla costa tra Latakiya e Tartus: un civile ucciso, sei persone ferite.

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