POLITICA

Comunali a Roma, assalto finale di Letta a Zingaretti. Entro sabato la scelta

IL LEADER PD SPINGE PER LA CANDIDATURA DEL GOVERNATORE. CHE TEME UNO STRAPPO COL M5S IN REGIONE LAZIO
ANDREA CARUGATI ITALIA/ROMA

I vertici nazionali del Pd non demordono: vogliono che il candidato per il Comune di Roma sia Nicola Zingaretti, l’unico secondo i sondaggi in grado di riportare la Capitale ai dem senza troppi patemi. Più che un pressing, quello delle ultime ore si sta trasformando in un assalto al governatore del Lazio. Che tuttavia resiste. Non vuole lasciare la Regione in piena campagna vaccinale. E soprattutto teme che, una volta ufficializzata la sua candidatura contro Virginia Raggi, la sua giunta che tiene dentro anche il M5S vada in frantumi. Che si torni a votare in autunno nello stesso giorno per Comune e Regione, a quel punto senza alleanza Pd-grillini. E che la destra si prenda tutto.
Uno scenario da incubo per Zingaretti che in queste settimane sta ricevendo elogi per come ha condotto la campagna vaccinale e, più ingenerale, la lotta al Covid. Agli emissari del Nazareno ha ripetuto questo concetto più e più volte: «Senza un accordo blindato col M5S in Regione io non mi muovo». E l’accordo non c’è. Perché le due assessore grilline avrebbero grossi imbarazzi a restare in giunta con un presidente che si appresta a sfidare la loro sindaca. Certo, Roberta Lombardi è sempre stata rivale di Raggi. Ma non fino a questo punto. E poi c’è il tema del calendario: Zingaretti non vuole che si voti lo stesso giorno, vorrebbe dimettersi il più tardi possibile per portare il Lazio al voto a inizio 2022. Non prima. Ma con un governatore in campagna elettorale contro la sindaca Raggi la maionese potrebbe impazzire. E il risultato una doppia sconfitta.
Letta e i suoi collaboratori hanno deciso che la partita dovrà essere chiusa entro la settimana. Non è un ultimatum a Zingaretti ma gli assomiglia. Ieri il Pd romano ha sconvocato la riunione del centrosinistra prevista per fissare le regole delle primarie. Rinviata a domani. Per prendersi altro tempo per l’assalto finale al governatore. Voci di palazzo dicono che una candidatura di Roberto Fico a Napoli potrebbe sbloccare anche il caso Roma, con il ritiro di Raggi. Ma il M5S è un frullatore senza comandi, e non c’è nessuno che abbia la forza per imporre il ritiro alla sindaca.
Letta è preoccupato. Teme che le primarie- fissate per il 20 giugno- possano partorire una candidatura troppo debole, quella di Roberto Gualtieri, insidiato da Raggi nelle periferie e da Carlo Calenda nei quartieri alti. L’idea di perdere Roma è una prospettiva che lo spaventa: un bottino negativo alle comunali d’autunno nelle grandi città (per ora la vittoria è assai probabile solo a Milano e Bologna) indebolirebbe la sua leadership. Rischia di riaprire il teatrino dem - congresso sì,congresso no- che ha portato Zingaretti alle dimissioni a marzo.
E tuttavia il governatore ha un debito con Letta: è stato l’ex premier, con il suo ritorno da Parigi, a risolvergli un grosso problema. Se non si fosse trovato in tempi rapidissimi un nome di quel peso il partito avrebbe rischiato di implodere, con la sinistra e gli ex renziani pronti a prendere strade separate.
La partita di Roma rischia di trasformarsi in uno psicodramma, minando anche la credibilità dei protagonisti. Zingaretti da mesi dice di non volersi candidare, ieri lo ha ribadito: «Mi occupo tutti giorni della mia città perché sono presidente della Regione. Sulla candidatura a sindaco il centrosinistra ha scelto le primarie. Ci sono delle candidature valide». Poi, a domanda su Gualtieri, ha risposto: «Mi auguro che sia il prossimo sindaco». Entro sabato lo psicodramma dovrebbe finire. Con una decisione chiara. Gualtieri, Monica Cirinnà e gli altri aspiranti scaldano intanto i motori per le primarie.

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