INTERNAZIONALE

Ali Yahia Abdennour, cent’anni di resistenza

ADDIO AL PALADINO DEI DIRITTI IN ALGERIA
KARIM METREF ALGERIA

Se non si presentava più in piazza ogni venerdì insieme alle folle oceaniche del movimento Hirak, che da due anni occupa il centro della scena politica in Algeria, è perché la salute non glielo permetteva più. Ma non mancava mai di mandare messaggi di incoraggiamento e sostegno. Eterno combattente per la giustizia, la pace e i diritti di tutti, l'avvocato Ali Yahia Abdennour si è spento il 25 aprile scorso dopo più di cento anni di una vita dedicata alla resistenza e alla lotta.
NATO IL 18 GENNAIO DEL 1921 in Alta Cabilia, nel Nord di un'Algeria nella quale il colonialismo francese era presente ormai da quasi un secolo e credeva di durare per sempre. Come molti montanari della regione seguì l'iter scolastico riservato ai più dotati tra gli «indigeni» e diventò maestro di scuola elementare. Ma per poco. Presto arriva la II Guerra mondiale e sconvolge la vita di tutti. Mobilitato, il giovane maestro è ferito e decorato nella battaglia delle Ardenne del 1944.
Al ritorno in patria nel 1945, come molti ex combattenti fortemente scossi dalla notizia dei massacri di civili inermi commessi dall'esercito francese dopo i fatti dell’8 maggio 1945, detti «di Setif, Ghelma e Kherrata», Ali Yahia aderisce al movimento indipendentista del Partito del popolo algerino (Ppa). Da lì segue un percorso classico di lotta: attivismo politico e sindacale, clandestinità, arresti domiciliari, carcere... fino all'indipendenza del Paese nel 1961.
Dopo Ali Yahia fece parte della nuova classe dirigente, ma non dura a lungo. Sono del 1967 le sue dimissioni da ministro dell'Agricoltura in disaccordo con le derive del governo di Houari Boumediène. E da lì non ci fu più ritorno. Si laureò in legge, divenne avvocato e si dedicò alla difesa dei diritti e delle libertà collettive e individuali.
Difensore di molti oppositori perseguitati, fondatore della prima Lega algerina per la difesa dei diritti umani, non venne mai meno al suo dovere di avvocato e difensore dei diritti umani, anche quando si trattò di difendere personaggi molto controversi come i leader del Fronte islamico di salvezza (Fis).
DIFFAMATO E ARRESTATO innumerevoli volte, Ali Yahia Abdennour non si è mai arreso. Presente in ogni piazza, in ogni movimento per la democrazia, per la pace, per i diritti. La sua foto, trascinato da ben cinque poliziotti all'età di 90 anni durante una protesta contro la terza elezione farsa dell'ex presidente Bouteflika è diventata simbolo di resistenza e di lotta in Algeria.
Hirak, il vasto movimento di protesta prima contro Bouteflika poi contro tutto il regime e il sistema politico in vigore, lo trova ormai molto anziano e in uno stato di salute precario. Dal 22 febbraio 2019 mon scendeva più in piazza insieme alle folle che invadono le città ogni venerdì.
LA MORTE DI ALI YAHIA Abdennour interviene in un momento in cui il movimento appare stanco, dopo due lunghi anni di lotta solitaria; con la crisi del Covid che è venuta a complicare tutto e un regime che dopo forti tensioni interne seguite alla caduta di Bouteflika si sta ricompattando. Un ritrovato equilibrio interno che ha portato al ritorno dei vecchi capi dei servizi segreti, con la loro scienza della manipolazione e l'uso sapiente dei gruppi estremisti e terroristi per giustificare la repressione, le chiusure e le limitazioni delle libertà.
La scomparsa dell'avvocato, che ha sempre agito per la pace, l'unità e i diritti, ha riportato l’attenzione sulll'obiettivo iniziale e sembra aver riunificato le diverse anime di un movimento che appariva minato dalle divisioni interne. Almeno per il tempo di un funerale. Come un ultimo dispetto al regime corrotto e violento, dopo 100 anni di resistenza anche la morte del vecchio militante è un atto di lotta.

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