EUROPA

Catalogna, indipendentisti in stallo

IL 26 MAGGIO È L’ULTIMA DATA PER TROVARE UNA SOLUZIONE
LUCA TANCREDI BARONE SPAGNA/CATALOGNA/BARCELLONA

Mentre tutti i riflettori sono puntati su Madrid, a 600 chilometri dalla capitale spagnola, in Catalogna, la situazione politica è ancora in stallo. Le elezioni del giorno di San Valentino non sono servite a sbloccare la situazione, e, proprio come il proverbiale giorno della marmotta, i due principali partiti indipendentisti, Esquerra Republicana e Junts per Catalunya, continuano ai ferri corti, come ormai da quasi due anni. Sono destinati a trovare un’intesa, soprattutto perché Esquerra Republicana ha deciso che è meglio farsi logorare dagli aguzzini conosciuti che dagli odiati socialisti, ma i negoziati per formare il governo dopo più di due mesi sono ancora in alto mare. E il 26 maggio, se non si trova la soluzione, scattano le elezioni automatiche, che nessuno dice di volere. Non convengono a Esquerra, ma neppure ai socialisti, che hanno ottenuto un risultato insperatamente positivo che potrebbe sfuggire loro in un secondo turno elettorale.
Riassunto delle puntate precedenti: in un’ondata di entusiasmo e sulla scia del crollo di Ciudadanos, il partito socialista catalano, guidato dall’ex ministro della Salute Salvador Illa, a febbraio è arrivato primo, con 34 seggi. Secondi, a un soffio, Esquerra, anche loro con 34 seggi. Per la prima volta Esquerra riesce a scippare lo scettro della guida dell’indipendentismo a Junts (32 seggi) eredi del nazionalismo catalano di destra e partito dell’ex president in esilio Carles Puigdemont, guidati da Laura Borràs, che nel frattempo, coi voti di Esquerra e degli assemblearisti della Cup, è diventata presidente del Parlament, la seconda carica più importante in Catalogna dopo quella del President del Govern.
La maggioranza è chiara: il repubblicano Pere Aragonès, attuale presidente catalano ad interim ed ex numero due di Quim Torra, di Junts, interdetto dai pubblici uffici, dovrebbe ottenere i voti di questi tre partiti (Junts, Esquerra e Cup, 74 su 130 seggi) e formare un governo fotocopia di quello uscente (con il reparto del potere invertito fra Esquerra e Junts). Un governo però bloccato dagli scontri fra i due partiti, che a malapena fanno buon viso a cattivo gioco.
Per la verità, un’opzione diversa sarebbe sulla carta disponibile: un’alleanza fra Esquerra, socialisti e En comú podem (partito simile a Podemos, guidato da Ada Colau) avrebbe sempre 74 voti. Ma di fronte all’antiindipendentismo viscerale ormai esibito dai socialisti e l’odio verso i socialisti da parte di Esquerra, questo scenario sembra impraticabile. Per cui al momento Esquerra è sottoposta al bullying di Junts, che li vuole tenere sulle corde fino all’ultimo momento, lasciando i soci repubblicani a chiedere per favore di trovare un accordo al più presto, mentre lanciano ultimatum che sono costretti a rimangiarsi. L’ultimo era per il primo maggio: diceva Aragonés che avrebbe esplorato altre possibilità, compreso un governo in minoranza, ma Borràs e i suoi vogliono tirare per le lunghe e cedere meno quote di potere possibile. Dai funambolismi di Barcellona dipendono in parte anche gli equilibri parlamentari di Madrid: tecnicamente, Esquerra forma parte della maggioranza parlamentare di Pedro Sánchez (con ben 15 preziosi voti), mentre Junts (che ne ha solo 5) la maggior parte delle volte ha votato contro il governo socialista.

Supporta il manifesto e l'informazione indipendente

Il manifesto, nato come rivista nel 1969, è sinonimo di testata libera, indipendente e tagliente.
Logo archivio storico del manifesto
L'archivio storico del manifesto è un progetto del manifesto pubblicato gratis su Internet e aperto a tutti.
Vai al manifesto.it