VISIONI

La palestra delle ragazze, pesi e allenamento contro ogni pregiudizio

«Lift Like a Girl», il film di Mayye Zayed racconta le sfide di un coach e delle sue campionesse in Egitto
SILVIA NUGARAegitto

Dopo il lungo stop dovuto alla pandemia, si avvicina un’estate ricca di appuntamenti sportivi. I nostri corpi tornano a muoversi, negli occhi le immagini dei tanti festival online di questi mesi nei quali lo sport è stato molto presente dato che già il 2020 avrebbe dovuto essere anno olimpico. È questo il caso di Ash Ya Captain, titolo internazionale Lift Like a Girl, dell’egiziana Mayye Zayed che ci trascina ad Alessandria d’Egitto, in una palestra popolare che è in realtà un cortile esposto agli sguardi e ai commenti di chi passa per quel crocicchio di strade. Qui, ragazze e bambine imparano il sollevamento pesi e sfidano i pregiudizi di chi pensa che il sesso femminile sia incompatibile con il vigore fisico e mentale. Le atlete misurano e intensificano la loro forza con attrezzi essenziali ma efficaci sotto la guida dello sferzante coach Ramadan, ex-boxeur avanti con gli anni, senza remore di alcun tipo quando si tratta di incoraggiare le giovani a dare il meglio di sé, sputare veleno su una performance fallimentare o giubilare smodatamente per una vittoria.
PER LUI, le femmine non hanno niente di molle o inferiore ai maschi, anzi è su di loro che l’uomo ha scommesso tutta la sua credibilità sportiva. E ha fatto bene perché è dalla sua palestra che sono uscite alcune delle più importanti pesiste egiziane degli ultimi vent’anni, tra cui la figlia Nahla, campionessa a livello mondiale, e Abeer Abdel Rahman, due medaglie olimpiche e prima donna a conquistarle nel mondo arabo. Il film segue in particolare Asmaa Ramadan, nessuna parentela con l’allenatore che l’ha soprannominata Zebiba, come l’uva zibibbo, e si occupa di lei da quando aveva nove anni sognando Tokyo 2020. Dopo l’anteprima a Toronto, ha riscosso premi in tutto il mondo (Lipsia, Cairo) il ritratto di questa ragazza, realizzato nel corso di quattro anni intrecciando il racconto della sua formazione con il lavorio che ferve nel poverissimo cortile-palestra. Un po’ cantiere e un po’ giardino, lo spiazzo dove allena Ramadan è un microcosmo a cui Asmaa e le compagne tornano ogni pomeriggio e ogni fine settimana, affezionate agli attrezzi e alle schermaglie con il coach, inflessibile quando si tratta di disciplina atletica e alimentare. C’è un legame speciale tra Zebiba e questo padre-allenatore che può apparire folle mentre sbraita, abbraccia, insulta, esulta ma sa esattamente come indurre le sue atlete a scoprire che c’è più valore in loro di quanto avrebbero immaginato se fossero rimaste chiuse in casa. E quando non è nel suo cortile, Ramadan va a caccia di talenti.
LA REGISTA gioca a disattendere le aspettative sul filo degli stereotipi di genere e di classe. In un mondo in cui le performance atletiche di alto livello si progettano con strumenti e strategie ad alta intensità tecnologica, qui ci troviamo di fronte a un immaginario più vicino all’epica popolare dei grandi boxeur passati che agli incubatori di medaglie dei campus cinesi o statunitensi. Il titolo del film, a sua volta, potrebbe essere letto come un invito insolito ad essere «forti come una ragazza» anche se poi, durante le gare, le atlete si esortano a «fare l’uomo» non tanto perché credano all’equazione maschi=forza ma perché per loro è ancora difficile sottrarsi a certe consuetudini linguistiche.
Il film coglie l’impatto simbolico di una disciplina atletica incentrata sulla capacità di piantare i piedi a terra per richiamare a sé forze ctonie. Queste eredi di Atlante, col capo velato o scoperto, si avvicinano al sollevamento trascinate dall’ebrezza della sfida e dalla sorpresa della propria potenza. Si caricano sulle braccia pesi che oltrepassano di molto quello del loro stesso corpo e, dopo l’addestramento col coach, dovranno imparare a crescere da sole. Più il gioco si fa duro, più si tratta di affrontare non solo le gioie e le paure della competizione ma anche le asperità stesse del vivere e del morire.

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