VISIONI

Investimenti e garanzie: riaprire per non chiudere più

TORINO
SILVIA NUGARAitalia/torino

«È un’assurda corsa in avanti. Stavamo trattando una riapertura nazionale per il 2 giugno quando è arrivato questo annuncio per il 26 che sa più di proclama politico» dice Arrigo Tomelleri, presidente della sezione piemontese di Anec: «La situazione è spaccata in due, da una parte le sale di qualità per cui la ripartenza è tutto sommato possibile e dall’altra i multiplex per cui non lo è dato il divieto di vendere alimenti e bevande e la mancanza di film. Novità quali l’ultimo Woody Allen o Come un gatto in tangenziale 2 usciranno a fine maggio e non saranno i film in corsa per gli Oscar, Nomadland o Minari, a salvare la situazione dato che i titoli che non sono già passati su piattaforma ci andranno presto. Difficile riaprire anche in provincia, dove lo spettacolo che in media vende di più, l’ultimo del sabato, è vietato dal coprifuoco alle 22».
SUL FRONTE D’ESSAI, Stefano Boni, programmatore della multisala Massimo del Museo del cinema, spiega: «l’ultimo dpcm scade il 30 aprile e l’anticipo al 26 ha colto di sorpresa tutti gli operatori della filiera. Riapriremo la sala più grande giovedì 29 con il restauro di In the mood for love in multiprogrammazione con Nuovo cinema paralitico di Davide Ferrario. La terza sala, cinetecaria, riaprirà il 1 maggio con la retrospettiva Pasolini che avevamo pronta per novembre e che sarà arricchita dal In un futuro aprile e da Pasolini/Maresco nonostante i passaggi in streaming. Dal 21 maggio partirà anche l’omaggio al primo Wong Kar Wai grazie a Tucker Film. Speriamo in una risposta positiva nonostante la difficoltà a reggere economicamente una capienza delle sale al 50% e gli spettacoli ridotti a tre».
SENTIMENTI CONTRASTANTI anche per Gaetano Renda che ha tre sale in città, il Centrale, il Fratelli Marx e Due Giardini: «sono stato tanto contrariato dalla chiusura quanto sono ora spaventato dalla riapertura che avrebbe richiesto più tempo. Ci vorrebbero garanzie a lungo termine perché gli investimenti per riaprire sono ingenti. Ripartiremo con una programmazione simbolica: We are the thousand di Anita Rivaroli, racconta della più grande banda musicale del mondo, 1000 musicisti in uno stadio, un vero assembramento; poi avremo fra gli altri Honeyland di Tamara Kotevska e Ljubomir Stefanov, su un’apicoltrice che fa i conti con l’arrivo nella sua zona di abitanti nuovi».
Dalla doppia prospettiva di esercente (Classico e Greenwich Village) e distributore con Movies Inspired, Stefano Jacono spiega: «al momento rimaniamo in attesa. Non ci sono film disponibili per la riapertura se non titoli che sono o saranno a breve in streaming sulle piattaforme. Abbiamo bisogno di qualche settimana in più per poter immaginare un programma che possa sostenere i costi di riapertura. Per fine maggio potremo sicuramente presentare La brava moglie di Martin Provost e a giugno Adam di Maryam Touzani, entrambi di nostra distribuzione».
I TEATRI, DAL CANTO LORO, si tengono pronti: lo Stabile riaprirà con Le sedie di Ionesco appena sarà dichiarata la zona gialla, così come Torino Spettacoli attende le indicazioni del nuovo decreto per proporre appena possibile una produzione propria, Shakespeare per 2 di Gian Mesturino.
Dal canto suo, il direttore artistico del Teatro Astra Valter Malosti sottolinea: «l’unica condizione per predisporre un lavoro serio è riaprire per non chiudere più, anche cambiando colore. Ripartiamo il 4 maggio con tre testi contemporanei: Sorelle di Pascal Rambert (fino al 12 maggio); proseguiamo con Chi ha ucciso mio padre (21-23 maggio) di Édouard Louis per la regia di Daria Deflorian e Antonio Tagliarini e con Festen (1-6 giugno) di Thomas Vinterberg per la regia di Marco Lorenzi. Ora serve una grande energia e non un ripiegamento malinconico ma lo sforzo deve essere comune.»

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