CULTURA

Tecno-capitalismo e dramma del presente

MARCO PACIONI MONDO/ITALIA

Il mistero, l’ideologia, perfino la religione del capitalismo sono particolarmente insidiosi perché si presentano demistificati, deideologizzati, secolarizzati. Il capitalismo odierno pretende di essere un dato di fatto o di natura che automaticamente relega a mistificazione tutto ciò che potrebbe essergli alternativo. Per far fronte a questa ingarbugliata e sconsolante situazione non basta più soltanto una critica delle finzioni del capitale, ma occorre anche una finzione della critica che sia all’altezza della realtà inoppugnabile che il capitalismo stesso reclama essere. Il preteso disincantato «realismo capitalista», per utilizzare l’espressione di Mark Fisher, andrebbe paradossalmente reincantato.
NON È SOSPETTO che la società nella quale tutto è all’incanto sia quella che si rappresenta come la più disincantata? La pretesa di essere fuori dal sortilegio è ciò che rende quest’ultimo più pervasivo. Per questo occorre una doppia attenzione nell’usare strumenti critici quali l’apertura, la pluralità, l’alterità, la singolarità, il comune, l’immanenza, la differenza contro il capitalismo. E ciò perché esso è riuscito in parte a metabolizzare e far passare per proprie quelle stesse categorie. Un uso troppo diretto di esse potrebbe rivelarsi una trappola. Potrebbe finire per produrre l’effetto mimetico di far affermare nuovamente proprio ciò che si vorrebbe criticare.
A UNA TALE SOTTILE doppia attenzione, simultaneamente decostruttiva e ricostruttiva, hanno nuovamente contribuito Paolo Bartolini e Stefania Consigliere, due tra i filosofi italiani più avvertiti e impegnati nel dipanare le odierne dinamiche psico-economiche. Nel loro libro Strumenti di cattura. Per una critica dell’immaginario tecno-capitalista (Jaca Book, pp. 186, euro 20), guidati soprattutto dall’analisi marxiana e psicoanalitica, i due autori offrono un vasto repertorio di pensiero centrato sulla esplicita e a volte dissimulata capacità del sistema capitalistico di catturare soggettività. In una prospettiva non escludente, ma ecumenica (Benjamin, Arendt, Foucault, Jesi, Benasayag, Cappitti, Poggio, Pezzella, Taussig, Simondon, Demichelis), gli autori analizzano le dinamiche separative come la dissociazione e quelle uniformanti come l’individualità, avendo buon gioco nel mostrare che queste non si oppongono fra loro, non creano conflitto, ma anzi lo neutralizzano, perché sono due facce di una stessa medaglia: quella di un soggetto tanto totalizzato quanto slegato. Per gli autori l’alternativo «legame» comunitario, ambientale e psicologico è quello che complica la mera relazione simmetrica, destinata a essere nuovamente catturata dai dispositivi binari del sistema. Il più complesso legame proposto dagli autori per comprendere il tecno-capitalismo e non cadere nei suoi dispositivi di cattura, somiglia a un chiasmo barocco, simile al pensiero analogico di uno dei filosofi più notevoli presenti nel libro e cioè Enzo Melandri.

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