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Un leone dalla rossa criniera

SILVANA SILVESTRIITALIA/torino

L’appuntamento era sulla terrazza di Orvieto a brindare alla nuova casa dove non andrà più, e una zona che aveva già iniziato a esplorare per una serie di articoli per Alias. «Poi ti racconto». Ma non ha fatto in tempo a farlo, sorpreso da un virus che pensavamo incapace di vincere la sua forza, «noi vecchi leoni dalla criniera rossa», come diceva. I tanti amici di Luciano Del Sette sanno bene cosa significa questa perdita, tante sono state le comunicazioni che si sono avvicendate fin dalle prime ore del mattino di mercoledì quando è arrivata la notizia della sua scomparsa e che abbiamo girato anche alla moglie Roberta che vogliamo stringere nell’abbraccio di tutta la redazione e dei tanti collaboratori che lo hanno conosciuto.
NE VOGLIAMO far partecipi anche i nostri lettori, perché sappiano di che materia preziosissima è fatta la nostra piccola comunità, di che qualità umana e professionale sia stato Luciano con la sua scrittura sicura e armoniosa e cosa ci viene ora a mancare in fatto di generosità, amicizia, intelligenza, esperienze di vita, esplorazioni.
Molti lo chiamavano solo per cognome, non alludendo a una firma, ma come si fa tra compagni di scuola fedeli alle scelte e agli ideali, sottintesi in ogni parola scritta. La generosità con cui si apriva nei confronti dell’altro invece era una sua caratteristica unica insieme al senso dell’umorismo.
La sua lunga attività professionale iniziata a Torino, dopo la partecipazione attiva al Sessantotto, lo aveva poi portato a Roma dove aveva ricoperto il ruolo di caposervizio viaggi del Gambero Rosso, autore di reportage su varie testate tra cui il manifesto, l’Europeo , l’Unità, Atlante, E di Emergency e autore e conduttore di trasmissioni per Radiodue e Radiotre.
È stato esploratore di luoghi inconsueti, un percorso che non poteva non portarlo fino ad Alias dove luoghi lontanissimi o dietro l’angolo sono stati raccontati con la stessa curiosità e con l’indicazione sottintesa ad andare oltre le apparenze. Nel corso dei suoi viaggi aveva scritto le guide Clup per visitare il Brasile o Santo Domingo e poi Quella volta che in viaggio...Piccole storie dai viaggi di un turista (Feltrinelli), Guida ai viaggi ad occhi aperti, sui rischi che si possono correre nello scegliere le mete con poco discernimento. Visitando luoghi lontani ed enclaves sconosciute era diventato anche esperto di musica indipendente, voce di File Urbani per Radio3 e curatore del blog Nota Bene per «E».
COSÌ ERA NATA anche l’idea di Viaggi perduti, un progetto diventato trasmissione radiofonica, con materiali sonori e visivi procurati da FuoriOrario, per raccontare luoghi diventati impossibili da visitare per i motivi più diversi, dalle catastrofi alla guerra al terrorismo, e tuttavia da non dimenticare. Ha condotto per Radio3 programmi come In viaggio con Kerouac, Figli di un dio minore, e nell’ultimo periodo, Passioni, tutti programmi che si possono risentire su RaiPlay.
Tra tanti percorsi ne ha anche compiuto uno un po’ diverso che oggi assume un sapore di premonizione, quel romanzo composto da tante vicende separate dal titolo Riassunto di fine giornata (per Exorma), dove di tutti i destini raccontati, centrale diventa oggi il momento della separazione, degli addii.
ESPLORATORE di luoghi e personaggi ha arricchito i nostri lettori (e gli ascoltatori della radio) con insolite esperienze: non c’era neanche bisogno di approfondire le sue proposte ad Alias, spesso bastava anche solo una parola chiave: Sarajevo con un reportage in coppia con Mario Boccia, Zeman inteso come regista, la meravigliosa storia dei pionieri del cinema ceco, la tragedia di Hiroshima, i briganti lucani, Pulcinella, Artusi e la via artusiana, il Belgio in varie declinazioni.
E una volta tornato a Torino ecco la città decaduta da far rinascere in qualche modo con le ex Grandi Officine, il ricordo di Gianni Serra e La ragazza di via Millelire, le mostre al Museo del Cinema, le Memorie di Adriano (Olivetti) e di Diego Novelli. E, obtorto collo, perfino la storia della Juventus.
In particolare ci legava il fatto di aver avuto Torino come città della giovinezza, con i sottintesi di chi si era trovato poi a Roma a fronteggiarne il fasto e il frastuono con la nostalgia della nebbia e dei baretti frequentati da Pavese. E il ricordo comune di una città che oggi non esiste più. Infatti quando era poi tornato a viverci non l’aveva ritrovata e aveva cercato altrove, ma in qualche modo la città non lo ha lasciato più andare.
Nella sua trasmissione per la radio Racconti dalla città parallela ridisegnava i confini di una vecchia capitale ansiosa di proiettarsi nel futuro, ma incapace, ad esempio, di poter somministrare un vaccino in tempo a chi ne aveva diritto.

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