VISIONI

Trovare nella fragilità umana il senso totale della danza

La pandemia costringe a ripensare tecniche e modalità innovative
FRANCESCA PEDRONIITALIA

Corpo, natura, territorio, gesto sono elementi centrali nella visione di un protagonista cardine della danza contemporanea del nostro paese: Virgilio Sieni. Alla testa dal 2003, a Firenze, di Cango Cantieri Goldonetta, dal 2015 Centro Nazionale di Produzione della Danza per la ricerca e la trasmissione sui linguaggi del corpo, Sieni ha molte iniziative in corso. Come Abitante, corposo bando in 7 punti a sostegno della danza italiana.
Sieni, la struttura del bando è rivolta alla produzione, a residenze artistiche, a compagnie e centri culturali toscani, a ricercatrici e ricercatori, curatrici e curatori, giovani danzatori e danzatrici. Quale l’idea portante?
Il bando Abitante è un gesto di sostegno necessario in questo periodo. Si lega a un percorso di geografia urbana, all’interno di alcune esperienze che portiamo avanti da tempo. Una grande parte del bando si concentra sulle residenze site specific, il senso della danza e del gesto è trovare una maniera di convivere, mi interessa la frequentazione e la permanenza, lo stare nei luoghi. Creare spazi dove gli artisti si incontrino.
Il bando, consultabile sul vostro sito, scade il 18 aprile: i progetti selezionati si svilupperanno all’interno del vostro Festival, Cantieri Culturali Firenze, dal 28 giugno al 9 luglio, e alla Pia Palazzina Indiano Arte.
L’esperienza dei Cantieri Culturali a Firenze nasce come indagine in una periferia. È un progetto legato a una zona che vive di conflittualità. Lavorare in un contesto del genere significa escogitare una mappa inedita del territorio. Il bando è sostenuto dal Centro Nazionale e dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Firenze (205 mila euro, ndr), spero venga copiato in altre regioni italiane, può mettere in circolo quelle risorse che il Fus ha garantito per tutto il 2020. Ai Cantieri il lavoro progettuale si sviluppa fuori dall’edificio teatrale, il teatro come Centro di produzione si fa vettore di energie creatrici di una geografia che rigenera i territori. È cruciale il tema del riscaldamento terrestre, non scordiamoci che il virus nasce dalla criticità della relazione tra uomo e natura, dalla iperproduzione. La Pia Palazzina Indiano Arte, all’interno del Parco delle Cascine, è nata con l’intento di creare un luogo di riflessione tra corpo e natura, un luogo di sosta dove il cittadino si prenda cura del proprio territorio.
Come lavorare?
Sulla capacità dell’uomo di toccare l’aura dell’altro. Non so come sia venuto in mente a qualcuno di parlare in questo periodo di distanziamento sociale, chiamiamolo piuttosto distanziamento fisico: dobbiamo recuperare tutte le nostre capacità legate a uno spazio tattile, in cui toccare senza tangere, allenando il nostro sistema percettivo legato alle forme dell’altro, essere adiacenti alla natura. Esercizi di contatto, tenendo conto di quello che diceva Merleau-Ponty: il corpo esiste perché c’è uno spazio, noi siamo ospiti e dobbiamo avere un senso di gentilezza, di cura per colui che ci ospita. È un percorso nel mio lavoro nato vent’anni fa con il coinvolgimento dei cittadini, non un movimento giovanilista new age, ma qualcosa in relazione all’archeologia del gesto. Saper trovare nelle fragilità, nelle debolezze, nelle incrinature, quelle tecniche inedite innovative legate al concetto di archeologia. Come dice Agamben per cogliere il punto di insorgenza che dal passato viene verso di noi. Il nostro senso nel presente è scoprire come il preistorico ci possa far comprendere l’oggi. Più che guardare al futuro, dobbiamo guardare il presente, come viviamo: si parla pochissimo dei problemi psicologici emersi in questo periodo anche nei giovani. Bisogna esercitarsi in una diversa tattilità.
Dalle esperienze con i cittadini deriva anche il manifesto 111...
Sì, manifesto politico poetico dei cittadini: nato prima della pandemia è uno strumento di dialogo, di riflessioni originatesi in più territori, durante le pratiche sul gesto. Racconta la capacità del cittadino di essere non solo un partecipatore, ma un soggetto propositore degli aspetti decisionali sul proprio territorio, la capacità di alimentare il concetto di comunità attraverso la pratica sul gesto.
Domani, alle 17, sui social youtube e FB di toscanalibri.it verrà presentato il libro «Progettare scalzi», edito da Maschietto. Quale l’argomento?
Sono riflessioni emerse da quattro lezioni fatte all’Accademia di Architettura di Mendrisio. Mi sta a cuore il senso dell’architettura e dell’abitare. Lezioni pratiche sull’ideazione e sugli elementi primari, direi lucreziani, le forze, le contrapposizioni, le risonanze, uno studio per parlare di architettura e di come porsi nella progettazione.
Il 14 maggio in piazza Santa Croce è previsto «Paradise now», azione con danzatori e cittadini, il 25 e 26 settembre al Teatro Politeama di Napoli per Campania Teatro Festival la nuova produzione con la compagnia «Paradiso». Elementi chiave del rapporto con Dante?
In questi 700 anni si sono dette talmente tante cose su Dante che sarebbe il caso di stare zitti. Io non uso la parola e in Dante la parola è tutto. Cerco umilmente di avvicinarmi a questo grande piccolo e povero uomo che girava semi scalzo tra le vie di Firenze, attraverso il discorso della sua costruzione metrica, della terzina, della rima, di tutto quello che è un gioco legato a mettere insieme la dimensione sorgiva dialettale con la dimensione della lingua. Con i cittadini in piazza Santa Croce farò un lavoro legato alle piante, insieme costruiremo un giardino. Per Napoli sarà un quintetto di soli uomini, sul senso dell’origine e della tattilità senza tocco. La terza cantica è legata al motivo per cui siamo al mondo: l’amicizia, la liberazione e l’amore, un elemento di sospensione che tolga al gesto la sua funzionalità produttiva, al di là di schemi comportamentali irrigiditi. La danza, come diceva Nietzsche, ci viene incontro sorridendo, destabilizzando questa schematizzazione, preparandoci a essere un uomo nuovo, un lavoro di attenzione, tecnico, di contemplazione sul gesto, qualcosa che si avvicina all’invenzione, a una lingua.
Quando è scoppiata la pandemia stava tornando in scena «Nudità», con Mimmo Cuticchio, lavoro a cui è dedicato anche il libro «Ossatura» di Vito Di Bernardi. Riprenderà quell’esperienza?
Stavamo vivendo un momento epifanico del lavoro insieme: in Nudità siamo io, Mimmo e una marionetta. Il gesto tra noi tre circola rendendo inesauribili le tipologie del movimento: la marionetta, un essere vivente, ha le stesse nostre articolazioni, ma le muove diversamente. Osservandola per ore e ore nel nostro sistema percettivo entra qualcosa che arricchisce la lingua: con lei si scopre il movimento sorgivo del gesto. Con Mimmo è un laboratorio permanente: deve continuare.

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