INTERNAZIONALE

Dai cortei gioiosi alla guerriglia urbana, la protesta comunque continua

ANCHE IL CLERO BUDDHISTA SI ESPRIME CONTRO LA REPRESSIONE
EMANUELE GIORDANA MYANMAR

Mentre la periferia del Myanmar si incendia con scontri a fuoco tra gruppi armati regionali e Tatmadaw, l’esercito nazionale fedele ai golpisti del 1° febbraio, e mentre l’operazione di contenimento della protesta continua a produrre vittime (ormai oltre 200), una nuova accusa farsa piomba su Aung San Suu Kyi. Ma tutto quanto messo in piedi dai golpisti non sembra fermare la protesta diffusa, che si è ovviamente modificata con l’andare degli avvenimenti.
I RITUALI E GIOIOSI CORTEI delle prime settimane cedono il passo a un paesaggio di guerriglia urbana dove si cerca di resistere agli arresti indiscriminati e soprattutto alle pallottole sparate mirando alla testa. Gran parte delle notizie continuano ad arrivare attraverso i pochi giornali birmani che riescono comunque a trasmettere via Rete (da Irrawaddy a Myanmar Now), baluardo di una resistenza che sfida i provvedimenti draconiani per bloccare il web e la libertà di espressione. Per adesso però, pur in un ambiente più difficile, la protesta non molla.
Vi si sono unite altre frange di monaci, un segmento rimasto abbastanza in disparte nelle prime settimane. Ma adesso anche i 47 membri dello State Sangha Maha Nayaka (Ma Ha Na), il comitato di monaci anziani che regola il Sangha birmano, ossia il clero buddista, hanno detto che sospenderanno tutte le attività se va avanti la repressione contro i manifestanti che protestano pacificamente.
Per ora la giunta sembra ignorare qualsiasi richiamo mentre diplomaticamente le iniziative si sono al momento raffreddate: da quelle dell’Asean, l’associazione regionale del Sudest, alla minaccia di sanzioni, in molti casi rimasta tale. La giunta continua a fabbricare le sue menzogne, l’ultima delle quali accusa Aung San Suu Kyi di aver accettato oltre 500mila dollari da un uomo d'affari locale.
ACCUSA DI ALTO TRADIMENTO invece per Mahn Win Khaing Than, designato vicepresidente dai parlamentari eletti l’8 novembre e riuniti nel Pyidaungsu Hluttaw o Crph, parlamento ora in clandestinità. È la terza persona accusata di alto tradimento dai golpisti.
Intanto la stampa locale dà conto di nuovi incidenti tra forze di sicurezza birmane ed eserciti regionali delle autonomie: il Kachin Independence Army (Kia) ha lanciato ieri mattina attacchi contro basi della polizia nella regione mineraria di Hpakant, prendendo di mira un battaglione. Gli scontri si sarebbero verificati anche con soldati del Tatmadaw. Nel luglio scorso, proprio in quella regione, si era verificato l’ennesimo disastro dovuto a una frana che aveva sepolto decine di minatori stagionali: in una zona del Paese segnata da una rete di famelici interessi perché vi si estrae giada pregiatissima che finisce nelle mani di trafficanti e aziende cinesi o di Singapore ma anche in quelle di società estrattive private locali, molte delle quali legate alle forze armate.
Nel riepilogo reso noto ieri sera dall’Assistance Association for Political Prisoners (Aapp), i morti al 18 marzo sarebbero 224 e i prigionieri nelle carceri della giunta 1928, a fronte di 2258 arresti.
em. gio.

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