INTERNAZIONALE

Per l’ambasciatore avanza l’ipotesi «fuoco amico»

Oggi i funerali di stato. E la preghiera islamica. Nel Nord Kivu una nuova strage di civili
MARCO BOCCITTORepubblica democratica Congo/goma/italia

I primi esiti dell’autopsia eseguita ieri al Gemelli su disposizione della Procura di Roma escluderebbero l’«esecuzione» di cui parla la ricostruzione ufficiale delle autorità congolesi. Per l’uccisione dell’ambasciatore Luca Attanasio e del carabiniere Vittorio Iacovacci, avvenuta lunedì scorso nel nord-est della Repubblica democratica del Congo, si fa un po’ più strada quindi l’ipotesi del "fuoco amico".
IN ATTESA DEGLI ESAMI balistici che seguiranno, per ora si sa solo che ad uccidere i due cittadini italiani sono stati 4 colpi esplosi da una certa distanza e da un Kalashnikov, dettaglio questo trascurabile perché è l’arma che nel Nord Kivu usano tutti indistintamente. Lo imbracciavano gli uomini che hanno attaccato il piccolo convoglio del World Food Programme tanto quanto le guardie forestali del parco nazionale del Virunga e i soldati dell’esercito regolare entrati in scena. Per giungere a un quadro più definito resta cruciale acquisire la testimonianza del vicedirettore per il Congo del Programma alimentare mondiale Rocco Leone, sopravvissuto all’attacco. È in cima all’agenda del team dei Ros che indaga sul posto.
Nell’informativa urgente tenuta ieri in aula, il ministro degli Esteri Di Maio ha dato un po’ di sostanza istituzionale alle domande che tutti si sono posti fin da subito. «Al Pam e all'Onu abbiamo chiesto formalmente l'apertura di un'inchiesta che chiarisca l'accaduto, le motivazioni alla base del dispositivo di sicurezza utilizzato e in capo a chi fossero le responsabilità di queste decisioni. Abbiamo anche spiegato - ha aggiunto Di Maio - che ci aspettiamo, nel minor tempo possibile, risposte chiare ed esaustive». Il ministro ha poi riassunto quanto già noto, la versione di Kinshasa, le ricostruzioni giornalistiche più prudenti, la necessità di attendere che la giustizia italiana acquisisca i primi elementi di certezza.
I FUNERALI DI STATO di Attanasio e Iacovacci si terranno questa mattina nella basilica di Santa Maria degli Angeli a Roma, in diretta tv. Del giovane ambasciatore impegnato sul fronte umanitario si è già parlato molto e ad emergere è una personalità preziosa. In particolare le «qualità cristiane» che ispiravano la sua missione sono emerse a più riprese, dal prete di Limbiate che lo ha visto crescere alle parole scelte dal papa per ricordarlo.
Poi ieri è venuta fuori la storia della sua conversione all’islam, avvenuta nel periodo in cui era console in Marocco. Ne riferisce il quotidiano online La Luce. Magari fu una cosa formale propedeutica al matrimonio con Zakia Seddiki, con cui Attanasio avrà tre figlie e fonderà la ong umanitaria Mama Sofia, magari una scelta a prescindere, chissà. Fatto sta che parallelamente alle esequie cattoliche che si svolgeranno a Roma in varie comunità islamiche italiane verrà recitata anche la Salat al ghaib, la preghiera per il defunto in assenza. Per Baraa al Obeidi, dell'Associazione islamica di Milano, citato da Agenzia Nova, l’ambasciatore «è un martire» ucciso da innocente nell’ambito del suo impegno umanitario». Al netto di incursioni indebite nella sfera privata e spirituale di Attanasio, il doppio "rito" può essere considerato un altro fiore all’occhiello nel profilo del giovane diplomatico.
ERA SICURAMENTE MUSULMANO Mustapha Milambo, l’autista del World Food Programme che ha perso la vita con i due italiani nell’attacco. L’ultimo saluto di amici e parenti è avvenuto ieri nella piccola casa di legno a pochi isolati dal quartier generale dell’Onu a Goma dove abitava. Il capo della comunità islamica del Nord Kivu, Moussa Mabange, ha detto a Afrinews che «la responsabilità della sua morte ricade sul governo».
Da Kinshasa, dove c’è gran fermento politico per il colpo di mano incruento con cui il presidente Felix Tshisekedi sta provando a liberarsi dell’ingombrante alleanza con l’ex rais Joseph Kabila, il governo centrale ribadisce le accuse alle Forze democratiche di liberazione ruandese (Fdlr), cestinando come carta straccia la smentita dei ribelli sulla mpaternità dell’attacco.
La cronaca eternamente sanguinosa della lontana provincia nord-orientale intanto ha già ripreso a macinare i suoi morti innocenti che non faranno più notizia in Italia, ma raccontano la stessa storia quotidianamente.
ALMENO TREDICI SONO LE VITTIME complessive di un duplice attacco avvenuto all’alba di ieri nella zona di Beni. Tutti civili tranne uno. La firma in questo caso è dei jihadisti noti qui come Forces démocratiques alliées , di provenienza in questo caso ugandese. Oltre mille civili uccisi da quando hanno esteso le loro azioni da questa parte del confine. E almeno due stragi recenti di ranger del parco. Erano stati ritenuti all’inizio plausibili anche come autori dell’attacco di lunedì sulla RN2. Appunto.

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