POLITICA

Non è il nostro governo, ma la sfidava raccolta

Sinistra
PAOLO CENTO*ITALIA/ROMA

Il Governo Draghi non può certo essere considerato né il nostro governo né il migliore possibile nelle condizioni date. Nasce da una sconfitta politica della sinistra e dell’alleanza giallorossa, da una manovra di Renzi e soprattutto del sistema mediatico e di potere che mai ha digerito il governo Conte per i suoi cenni di autonomia e di attenzione alla redistribuzione del reddito, dall’assenza di una mobilitazione sociale e sindacale in uno scontro che da mesi prefigurava l’arrivo di Draghi a palazzo Chigi.
La decisione del Presidente della Repubblica di fronte al fallimento numerico di una qualsiasi proposta di governo politico di maggioranza è stata la più lineare: incaricare la personalità più forte disponibile, capace di dialogare con tutto il Parlamento, autorevole in Europa e nel mondo. Una personalità non neutrale che non appartiene alla nostra biografia ma che sembra avere la consapevolezza che le vecchie ricette neoliberiste oggi sono improponibili.
Draghi si presenta alle Camere con una squadra di ministri al di sotto delle aspettative ma con un riconoscimento significativo alla compagine precedente e per quel che riguarda la sinistra con la conferma alla Sanità del ministro Speranza che è anche la conferma di una linea di lavoro fondata sulla priorità della sanità pubblica e, nella tragedia della pandemia, del primato della salute rispetto a quello degli interessi economici e produttivi.
Nel suo discorso programmatico introduce per la prima volta nel linguaggio di un premier italiano vocaboli e concetti di grande rilievo: partendo dalla relazione tra crisi ambientale e pandemia mette al centro cambiamenti climatici ed ecosistema con economia e società indicando in questa relazione uno degli assi portanti dell’utilizzo dei fondi europei, delle opere da realizzare, della transizione ecologica ed energetica. Indica uno spazio dove la sinistra e gli ecologisti possono, a mio avviso, devono collocarsi per provare a disegnare il paese e l’Europa dei prossimi 30 anni, dove giustizia ambientale e giustizia sociale si incrociano in prospettiva di un cambiamento radicale del nostro modo di vivere, produrre, consumare. Uno spazio di lotta politica e di mobilitazione sociale dove bisognerà accumulare forza per orientare e qualificare i Sì ma soprattutto per dire i No. Questo credo è uno dei contenuti su cui si è aperto il dibattito a sinistra rispetto al voto di fiducia.
La scelta di ritirarsi dallo spazio della contesa politica può certamente dare più certezze nell’affermazione di una testimonianza apprezzabile ma alla lunga riporta a una idea della militanza politica inutile agli interessi sociali che si provano a rappresentare, contraddittoria per gli effetti politici sul rapporto con i potenziali alleati che quella sfida vogliono accettare, seppur per un tempo limitato e con la consapevolezza dell’esito non scontato.
Io penso invece che c è bisogno di accettare quella sfida e intorno a questa provare a ricostruire una proposta politica e una mobilitazione sociale. Innanzitutto guardando alla dimensione europea di uno spazio ecologista e solidale, non ideologico ma radicale nei valori, non più e non solo tradizionalmente di sinistra ma civico e verde. Uno spazio capace di dare voce ai nuovi soggetti impoveriti dalla crisi sanitaria ma anche alle nuove opportunità e ai nuovi lavori digitali o di cura che il dopo Covid 19 ci consegnerà, uno spazio capace di ridisegnare il welfare e le tutele sindacali sul reddito universale e il salario minimo, capace di ridisegnare e rigenerare gli spazi urbani e della mobilità sostenibile nella nuova frontiera del lavoro a distanza, della formazione in presenza, del tempo libero dal lavoro tradizionale.
Questa è la sfida complessa che abbiamo davanti e la sinistra che immagino deve decidere se percorrerla rompendo con l’eredità del novecento o rimanerne ingabbiata.
Di questa consapevolezza ci sono già i primi effetti positivi: il fatto che si torni a ragionare di un ruolo collettivo e non più solo di coordinamento parlamentare per Leu, la nascita del coordinamento al Senato tra i gruppi Pd, Leu e M5S, la volontà di Giuseppe Conte di continuare a dare un contributo nel costruire una coalizione per lo sviluppo sostenibile.
Ma anche fuori dal Parlamento qualcosa si muove come la volontà del Sindaco di Milano Sala di agire in questa prospettiva ecologista e solidale e quindi nella rigenerazione verde di una grande metropoli, questione che dovremmo rilanciare anche nelle altre città dove si andrà al voto nei prossimi mesi, da Bologna a Roma, dove a fianco di forze della sinistra sono nate esperienze civiche (Coalizione civica, Liberare Roma).
Apriamolo davvero questo cantiere e trasformiamo anche il dibattito intorno al voto di fiducia sul governo Draghi in una occasione .
* ecologista di Sinistra Italiana

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