CULTURA

L’eredità dei sopravvissuti per scongiurare il rischio dell’oblio

MEMORIA
ENRICO PAVENTIITALIA

La deportazione degli ebrei verso i campi di concentramento e sterminio venne attuata sistematicamente in gran parte dell’Europa: vale a dire in tutti quei paesi del Vecchio Continente che dal settembre del 1939 furono occupati dalla Germania nazista. In proposito va subito osservato, tuttavia, come sia le forze armate tedesche sia le SS abbiano potuto contare sulla collaborazione di ampi strati delle popolazioni locali che, mosse tanto dal sentimento antisemita quanto dal desiderio di appropriarsi dei beni degli israeliti, svolsero spesso i compiti loro assegnati con solerte ferocia. E occorre aggiungere che, in particolare dopo l’8 settembre del 1943, numerosi furono anche gli italiani che si adoperarono perché le vittime della persecuzione antisemita fossero arrestate e radunate nei diversi campi di transito allestiti sul territorio nazionale.
Il pregevole studio dello storico Camillo Brezzi (L’ultimo viaggio. Dalle leggi razziste alla Shoah. La storiografia, le memorie, il Mulino, pp. 175, euro 15) ripercorre le vicende di alcuni deportati concentrando appunto la sua attenzione sulle fasi iniziali di quell’itinerario che, per tanti sventurati, si sarebbe concluso ben presto con la cosiddetta «soluzione finale»: un percorso costituito prima dall’arresto, quindi dallo spaventoso viaggio nei carri bestiame e, infine, dall’arrivo sulla Judenrampe, la banchina di Auschwitz-Birkenau dove avrebbe avuto subito luogo la prima selezione.
DI LÌ A NON MOLTO, i pochi scampati alle camere a gas sarebbero gradualmente sprofondati in una realtà infernale nella quale, sottoposti a continue umiliazioni, ridotti a semplici numeri e a un livello ormai animalesco, schiavi dediti unicamente al soddisfacimento dei propri bisogni primari, avrebbero perso nel giro di qualche giorno ogni connotato di appartenenza al genere umano.
RIGUARDO INVECE al viaggio verso il Lager e al relativo processo di abbrutimento ha scritto acutamente l’ebrea viennese, sopravvissuta ad Auschwitz, Elisa Springer: «Ci sentivamo bestie chiuse in un recinto che rizzano le orecchie, quando avvertono segnali di pericolo attorno a loro. Eravamo bestie impaurite e tremavamo a ogni rumore sospetto. Il primo atto di spersonalizzazione, la prima manifestazione del decadimento della nostra condizione di esseri umani, stava tragicamente iniziando!».
È quindi interessante notare come lo storico prenda lucidamente in esame le testimonianze delle sorelle Andra e Tatiana Bucci, di Primo Levi, Liliana Segre, Shlomo Venezia, Piero Terracina e Sami Modiano integrandole con quelle di altri salvati: le parole degli uni e degli altri ci mettono di fronte a un orrore che non saremo mai in grado di comprendere fino in fondo ma di cui è di capitale importanza tramandare la memoria, affinché la nostra conoscenza di ciò che è stato non inizi a venire meno e, in seguito, a perdersi. Ha osservato, in proposito, l’autore: «Ricostruendo le singole storie, la loro complessità, si riescono a delineare i percorsi dei perseguitati e dei loro soccorritori». Ed egli conclude sostenendo come le voci dei testimoni forniscano un contributo decisivo alla ricostruzione storiografica che, priva del loro apporto, sarebbe mutilata. I numerosissimi racconti, dunque, ci consentiranno probabilmente di abbattere il muro dell’indifferenza, di scongiurare il rischio dell’oblio e forse, nel contempo, di cominciare a intendere l’essenza della Shoah.
I RICORDI DEI SOPRAVVISSUTI, le loro impressioni e sensazioni costituiscono pertanto una fonte di inestimabile valore che ci aiuterà - per quanto possibile - a ricostruire i numerosissimi aspetti di una tragedia inimmaginabile. Uno sterminio che attiene tuttavia all’ambito dell’indicibile e sul quale sarà doveroso continuare a riflettere. Illuminanti, in proposito, restano le parole di Primo Levi: «Non è facile né gradevole scandagliare questo abisso di malvagità, eppure io penso che lo si debba fare, perché ciò che è stato possibile perpetrare ieri potrà essere nuovamente tentato domani, potrà coinvolgere noi stessi o i nostri figli».

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