CULTURA

Il miracolo dei libri nell’anno più buio

Express
MARIA TERESA CARBONEspagna/usa

Se san Giorgio, con o senza drago, sia esistito, è questione incerta. E ancora più incerto è se sia stato proprio lui (noto in Catalogna come Jordi e intestatario, il 23 aprile, della più fantastica festa della lettura si possa immaginare, pagine scritte e rose rosse a volontà) a operare el milagro de los libros, «il miracolo dei libri» secondo la definizione di El Pais. Non ci sono dubbi, invece, sul fatto che «l’industria editoriale sia uscita rafforzata dall’anno più buio», come ha scritto appunto sul quotidiano di Barcellona il giornalista Peio H. Riaño: «Le perdite previste all’inizio della pandemia superavano il 40%, con le librerie chiuse per quasi tre mesi, nessuna Giornata del libro, nessun Sant Jordi e nessuna Feria en el Retiro (altra grande festa libraria che si tiene a Madrid, di solito in tarda primavera, ndr)».
E invece, sorpresa: «Secondo un sondaggio di Conecta Research & Consulting, prima del lockdown i lettori abituali erano il 50%, e con la clausura sono saliti al 54%». Non solo: «Rispetto a una media quotidiana di 47 minuti dedicati alla lettura prima della pandemia, il tempo trascorso a leggere durante il confinamento è salito a 71 minuti al giorno e la media settimanale ha raggiunto le otto ore e 20 minuti». E per finire, «la lettura digitale è cresciuta di dieci punti».

Né il fenomeno è circoscritto all’area di lingua spagnola, anche se rispetto ad altri territori europei, per quanto riguarda appunto il digitale, il paese iberico parte avvantaggiato: infatti, rileva ancora Riaño, «un rapporto indica che la Spagna è il leader in Europa nel pagamento dei contenuti su Internet, grazie al miglioramento della qualità dell’offerta digitale».
Del resto la stessa parola, «miracolo», è stata usata anche in Italia. E pure negli Stati Uniti ci si interroga su questa imprevedibile tenuta planetaria della parola scritta. Tanto più miracolosa, considerando che in parallelo abbiamo assistito all’assai più prevedibile esplosione delle piattaforme di contenuti video, Netflix su tutte, e pure dell’avanzata della comunicazione audio, dagli onnipresenti podcast agli ambiziosi social di nuova generazione, come Clubhouse.
Certo, scrive questa settimana Alex Green su Publishers Weekly, ha giocato un ruolo importante l’azione combattiva delle librerie indipendenti che per non essere schiacciate su due fronti, da un lato la presenza soffocante del gigante Amazon, dall’altro le restrizioni legate alla pandemia, si sono spinte oltre i loro tradizionali confini: «Pochi osservatori avrebbero potuto prevedere che il 2021 sarebbe iniziato con le librerie indipendenti in prima linea in un movimento senza precedenti di acquisti locali online. Ma le chiusure temporanee dei negozi nella primavera del 2020 le hanno costrette a fare un salto audace nel mondo dell’e-commerce.
Questa conversione alle vendite su Internet sembra aver dato i suoi frutti, consentendo loro di soddisfare la domanda in aumento, cementando la fedeltà dei clienti di lunga data, favorendo l’acquisizione di nuovi e portando al recupero del denaro perso in precedenza a favore dei concorrenti online».
Le cifre citate da Green sono confortanti. Per citare un esempio, le vendite online delle tre librerie di Annie Philbrick – due nel Connecticut e una nel Rhode Island – si sono decuplicate, dai 30mila dollari del 2019 agli oltre 300mila del 2020.
Ma l’aspetto più interessante è che secondo i librai interpellati dal giornalista, anche quando i lettori riprenderanno a frequentare normalmente le librerie fisiche, «l’e-commerce degli indipendenti si manterrà robusto, e forse crescerà». Tanto che c’è chi comincia a sperare nel sequel: il miracolo dei libri 2021.

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