POLITICA

La strada migliore per rendere Renzi irrilevante

Governo
MASSIMO VILLONEITALIA/ROMA

L’esternazione di Mattarella dopo la rinuncia di Fico ha dato il via a una nuova fase della crisi di governo. È stata una esternazione non rituale, che non ha precedenti, a mia memoria, nella lunga galleria delle crisi. Il Presidente ha inteso spiegare al paese le ragioni di quel che si accingeva a fare con l’incarico a Draghi, e dello scioglimento anticipato che seguirebbe a un suo fallimento.
Mattarella ha elencato le emergenze - sanitaria, economica, sociale - da affrontare con un governo nella pienezza dei poteri, indispensabile altresì per la gestione dei fondi europei. È vero che un governo in carica per il «disbrigo degli affari correnti» - come è al momento l’esecutivo dimissionario - è tecnicamente legittimato ad affrontare una emergenza. Un decreto-legge, e più in generale gli atti indispensabili, si potrebbero adottare. Ma qui troviamo una questione di sostanza, oltre che di forma. Anche in emergenza governare è scegliere, come è ad esempio evidente nella gestione dei fondi europei. Per questo, è sempre e comunque preferibile avere un governo nella pienezza dei poteri, e politicamente responsabile nei confronti delle assemblee.
Nel primo giro di consultazioni, e poi con l’incarico esplorativo di Fico, è stata chiara la impossibilità di rimettere insieme i cocci della maggioranza giallorossa. Né era pensabile che si tornasse a una maggioranza di segno opposto. Quindi, con le dimissioni di Conte si chiudeva ogni prospettiva di governi in grado di affrontare con pienezza di poteri le emergenze e le necessità - incontestabili - elencate da Mattarella. Far nascere un Conte ter o rimandare il Conte bis alle Camere non avrebbe superato l’ostacolo del Senato. Anzi, avrebbe potuto andare anche peggio della fiducia del 19 gennaio, se l’astensione dei renziani fosse diventata - cosa probabile - voto contrario. È questa mancanza di alternative che rende costituzionalmente inattaccabile il «governo del presidente». Diversamente, rimanevano solo le urne a tempi brevissimi.
Non c’è dubbio che la crisi si poteva e si doveva evitare. Non c’è dubbio che sia da addebitare a Renzi, e ci si può solo chiedere se sia dovuta a sue tare caratteriali o alla sotterranea intesa con poteri forti che volevano liberarsi di Conte. Non c’è dubbio che i mali di oggi vengono da una pessima legge elettorale che ha generato un parlamento senza qualità, e soprattutto ha consentito a Renzi di portare nelle assemblee i suoi pretoriani e di avere così un peso che non ha nel paese. Non c’è dubbio che la mossa di Renzi porti acqua al mulino della destra. Ma a questo punto Draghi presenterà un governo in parlamento, perché non è persona che rinunci facilmente, e un suo fallimento sarebbe gravido di conseguenze per il paese e porterebbe al voto immediato. Sarà un governo in tutto o in massima parte di tecnici, salvo che i contatti in corso non suggeriscano una via di mezzo. Comunque, conta quel che farà. Uscendo dallo studio di Mattarella, Draghi ha già dato qualche indicazione. Ha citato le emergenze, e ha fatto un richiamo specifico ai giovani e alla coesione sociale. Abbiamo letto la sua filosofia sul Financial Times, e sappiamo del debito buono e debito cattivo. Vedremo ora come intende declinarla in concreto, e chi vorrà chiamare nei ministeri chiave.
Un campo rimane da esplorare, ed è quello delle riforme. Nel 1993 avemmo il primo «governo del presidente» con Ciampi. Il 6 maggio alla Camera nel discorso programmatico pose come priorità la legge elettorale, che il referendum allora appena svolto rendeva necessario affrontare per evitare squilibri tra Camera e Senato. Nacque così il Mattarellum. Anche oggi la legge elettorale è una priorità, e se non se ne ricordasse Draghi dovrebbero farlo le forze politiche in parlamento. Bisognerebbe anche considerare come ridurre il danno dello sciagurato taglio dei parlamentari. Mentre sarebbe opportuno dare definitiva e ingloriosa sepoltura al tema divisivo dell’autonomia differenziata. E va anche costruita nel Recovery Plan un’anima che a detta di molti non ha, su punti cruciali come la riduzione del divario Nord-Sud, la sanità, la scuola, l’ambiente.
Non c’è dubbio che Draghi possa non piacere. Vediamo i tormenti M5S. Vogliamo solo ricordare che non sbarrare la strada a Draghi è il modo migliore, e forse il solo, per rendere Renzi irrilevante, ora e sperabilmente in futuro.

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