CULTURA

La scoperta della libertà che passa per le alleanze

SCAFFALE
ALESSANDRA PIGLIARUITALIA

Quanto l’attuale pandemia abbia inciso nelle vite delle donne, in particolare quelle che stanno affrontando un percorso di fuoriuscita dalla violenza o intendono cominciarlo, risulta dalle testimonianze e dai dati forniti dai centri antiviolenza.
Fenomeno che non ha niente a che vedere con l’emergenza, l’esacerbarsi della violenza maschile si configura nella riflessione più lunga del femminismo e della politica delle donne, di tutto ciò che in questi anni viene portato avanti quotidianamente. Anche per queste ragioni è importante leggere il libro edito da Donzelli a firma di Lella Palladino. Si intitola Non è un destino (pp. 232, euro 14) e chi lo ha composto è figura centrale e autorevole nel vasto panorama dei centri antiviolenza e della pratica politica femminista che li sostanzia.
Sociologa e già presidente della rete Di.Re., Palladino rammenta di quanto tenace e interdisciplinare sia il lavoro che viene portato avanti da decenni anche in Italia; l’osservatorio di storie riportate nel volume restituisce corpo e presenza agli incontri diretti, soprattutto perché alla base vi è l’idea che «se è vero che anche la denuncia spesso non è sufficiente per salvarsi, avere a disposizione l’esperienza specialistica, la forza della sorellanza e una rete di supporto competente e sinergica può fare la differenza tra la vita e la morte».
BASTEREBBE LEGGERE ciò che riferiscono le cronache delle ultime settimane per comprendere quanto ciò che cerca di veicolare Lella Palladino sia tanto prezioso quanto definitivo da assumere, nella critica serrata che parte dalla lezione di Carla Lonzi alla «uguaglianza» e alla insufficienza delle politiche fondate sul mero riconoscimento della parità, insieme alla presa di coscienza che i centri antiviolenza siano dei luoghi della libertà femminile. Francesca, Vittoria, Lia, molti sono i nomi che compaiono nel quadro tracciato da Palladino, dietro ogni numero che entra nelle statistiche stilate ogni anno ci sono esistenze da ricostruire, connessioni da ricreare. Ne è convinta anche Rossana Carturan che nel suo romanzo breve Marinella (pubblicato in formato ebook dalle edizioni All Around in collaborazione con la Casa internazionale delle Donne di Roma, euro 4,99) ci consegna la vicenda di una «piccola storia ignobile», come recita il sottotitolo. A costeggiare la biografia della ragazzina protagonista, Marinella, rimasta cieca all’età di dieci anni a causa della reiterata violenza del proprio padre, ci sono due città come Bologna - negli anni della strage - insieme alla storia di una ricerca di riscatto e riparazione lontano da Napoli. Anche qui la vicinanza con le proprie simili, dalle insegnanti alle compagne di classe, darà struttura e sostegno alla parabola di liberazione.
RACCONTARE una età incandescente, come quella della prima adolescenza, acquista contorni altrettanto urgenti verso un altro aspetto della violenza contro le donne, spesso giovani, che migrano per l’impossibilità di vivere nel proprio paese di origine e incontrano il fenomeno della tratta. Del tema si occupa, con delicatezza e misura, il progetto editoriale Faith (Epoké, pp. 40, euro 15), curato da Rossana Calbi; si tratta di un albo illustrato da Marta Bianchi, psicologa, e scritto da Andreina Bochicchio, avvocata. Ci sono i colori del mare di notte, a dipingere la traversata che da Benin City in Nigeria, la tredicenne Faith, intraprende per arrivare in Italia. I testi sono sincopati e a tratti lirici, carichi dello sfinimento di sapersi definitivamente in mano di uno sfruttamento.
Tre libri diversi, per struttura e stile, eppure con la medesima intenzione politica: quella di fare della forza femminile qualcosa capace di trasformare la realtà se ci si allea ad altre donne.

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