INTERNAZIONALE

Nuove testimonianze di violenze e massacri. E al sud tornano le locuste

ETIOPIA/TIGRAY
FABRIZIO FLORISETIOPIA/TIGRAY

Ufficialmente la cosiddetta law enforcement operation nel Tigray è terminata il 28 novembre 2020 con la presa della capitale regionale Mekellé.
C’è stato da allora un parziale rispristino delle comunicazioni, l’arrivo degli aiuti umanitari e la riapertura delle banche, ma nel contempo la guerra è andata avanti. Vi sono state da parte dell’esercito etiope catture di importanti esponenti del Tigray People’s Liberation Front (Tplf), come Sibhat Nega (tra i fondatori) e Abay Weldu (ex presidente del Tigray), ma nel contempo sono continuate le testimonianze della presenza di truppe eritree, di violenze e di massacri.
L'Eepa (Europe External Programme with Africa), un centro di ricerca basato in Belgio ha affermato che a metà dicembre 750 persone nascoste nella chiesa di Nostra Signora Maria di Sion (chiesa di Maryam Ts'iyon, dove è custodita la famosa arca dell’alleanza che re Salomone avrebbe regalato alla regina di Saba) a Axum, sarebbero state portate fuori e uccise a colpi di arma da fuoco nella piazza davanti alla chiesa. I fatti sarebbero avvenuti il 15 dicembre, ma per via della chiusura delle comunicazioni non è emerso nulla finché i primi testimoni non sono arrivati a piedi a Mekellè.
SEMPRE DAI COMUNICATI dell’Eepa emergerebbe che il Tigray occidentale sia stato diviso in due nuove zone amministrative, interamente gestite dalla confinante regione Amhara. I civili di queste zone verrebbero trasportati in autobus nel Tigray centrale e le loro case abbandonate sarebbero immediatamente rilevate dai coloni amhara. Non è, tuttavia, possibile verificare in modo indipendente i fatti.
Non si placano le tensioni anche lungo il confine sudanese dove persistono episodi di violenza tra militari e milizie che avrebbero causato, secondo il portavoce della Commissione Etiope per i diritti umani (Ehrc) Aaron Maasho la morte di 80 civili. Il portavoce del ministero degli Esteri etiope Dina Mufti ha dichiarato che «il Sudan sembra voler infiammare la situazione sul terreno. Per quanto l'Etiopia continuerà a risolvere la questione usando la diplomazia? Ebbene, non c'è niente che non abbia limiti. Tutto ha un limite». Parole a cui ha replicato il ministro dell'Informazione del Sudan Feisal Mohamed Saleh. affermando che «l’Etiopia deve smetterla di attaccare il territorio sudanese e gli agricoltori sudanesi».
ANCHE I COLLOQUI sulla Grande diga della rinascita (Gerd) in corso tra Etiopia, Sudan ed Egitto si sono bloccati. I ministri «non sono riusciti a raggiungere un accordo accettabile per riprendere i negoziati», ha riportato l'agenzia di stampa statale del Sudan, Suna. Secondo Radio Erena (emittente della diaspora eritrea) l'esercito eritreo sarebbe posizionato intorno alle città di Shire, Adua e Adigrat. I militari eritrei avrebbero costretto 6 mila profughi del campo di Shimelba a tornare in Eritrea.
Secondo fonti di citate da Eepa i soldati eritrei sarebbero anche i responsabili del massacro di 300 rifugiati nel campo di Hitsats che per contro la tv etiope attribuisce al Tplf. L’unico dato oggettivo risultano essere le immagini satellitari riportate da Bloomberg che mostrano la distruzione di strutture delle Nazioni unite, un'unità sanitaria, una scuola superiore e case sia nel campo di Hitsats (dove si identificano 14 edifici in fiamme e altri 55 danneggiati) che di Shimelba.
PROBLEMI ARRIVANO anche dal sud del Paese. La Fao ha infatti avvertito la presenza di nuovi sciami di locuste nel sud dell'Etiopia (e in Africa orientale). Sono sciami immaturi che «una volta giunti in aree favorevoli, matureranno e deporranno le uova che si schiuderanno e causeranno la formazione di bande di tramogge nei mesi di febbraio e marzo».

Supporta il manifesto e l'informazione indipendente

Il manifesto, nato come rivista nel 1969, è sinonimo di testata libera, indipendente e tagliente.
Logo archivio storico del manifesto
L'archivio storico del manifesto è un progetto del manifesto pubblicato gratis su Internet e aperto a tutti.
Vai al manifesto.it