VISIONI

Swing e ironia, la canzone diventa memoria collettiva

Un’opera curata da Carlo Savona, con inediti e lavori solisti di Lucia Mannucci
STEFANO CRIPPAITALIA

Impasti vocali, arrangiamenti swing e una spiccata predilezione jazz conditi da ironia e intelligenza. Lucia Mannucci, Felice Chiusano, Virgilio Savona, Tata Giacobetti riuniti nel Quartetto Cetra hanno rappresentato per cinquant’anni la storia di tutti noi, i vezzi e le manie degli italiani sia che fossero sulle tavole di un palcoscenico o sugli schermi in bianco e nero della neonata Rai. Politica culturale nel senso alto del termine, dove la stoccatina al comune senso del pudore aggira la censura attraverso lo humour, utilizzando la canzone per parlare di memorie collettive.
A CELEBRARLI ARRIVA un cofanetto composto da ben dieci cd con tutti i brani incisi per la Fonit Cetra, 228 dal 1941 al 1958 rimasterizzati per l’occasione. Opera maestosa anche perché ingloba materiali inediti e un intero cd dedicato alla sola Lucia Mannucci in veste solista. A curarlo e a proporlo alla Warner che ha ereditato tutto il catalogo della Fonit, Carlo Savona, figlio di Lucia e Virgilio e che da anni è anche responsabile dell’archivio Savona - Mannucci/Quartetto Cetra riconosciuto dal Mibact. «C’è una data ben precisa – spiega - in cui mi sono reso conto di cosa il Quartetto ha rappresentato per la cultura italiana: il 2004, quando ho ritirato per conto di mio padre, un Premio Tenco alla carriera che era ovviamente un riconoscimento esteso ai Cetra. Da ragazzino li seguivo in tour nei luoghi di villeggiatura magari davanti a un pubblico distratto, sul palco dell’Ariston mi sono reso conto che chi stava in platea aveva in grande considerazione la storia di mio padre e del Quartetto, che andava riletta e valorizzata». Dai lavori all’Eiar ai primi show per una Rai pioneristica, passando per il varietà e le commedie, a caratterizzare il gruppo – nato originariamente come quartetto maschile – è la tecnica, meticolosa preparazione dei testi e delle musiche, un’alchimia che li rende irresistibili.
«Le loro non erano semplici canzoni di intrattenimento, andavano più a fondo. Piacevoli, certo ma con uno sguardo attento sull’attualità, le tendenze culturali o le mode. Una funzione simile, ovviamente contestualizzata in un altro periodo, la trovo in Elio e le storie tese o negli Oblivion, che si rifanno per loro stessa ammissione ai Cetra». Un cd è incentrato sul lavoro solista di Lucia: «È una storia bizzarra, in realtà quando Enrico De Angelis decise di uscire dal gruppo loro si diedero da fare per cercare un sostituto, perché era un quartetto maschile e pensavano di continuare su quella strada. È stata Lucia con candore a proporsi e lì si è aperta una finestra completamente nuova che li ha tirati fuori dall’impasse, creando un impasto vocale molto più complesso e, soprattutto, inconfondibile. In realtà Lucia si esibiva in set solistici a fine anni ’40 e ’50 nei locali e nei night accompagnata da mio padre al pianoforte e da altri musicisti e ha inciso diverso materiale».
SI TRATTA DI PEZZI spesso finiti come lato b dei dischi del quartetto, come Sette baci, tre carezze. Ma sono stati ritrovati provini inediti, anche una versione risalente al ’42 di Ho un sassolino nella scarpa. «Lei ha sempre detto che preferiva esibirsi con loro, si sentiva protetta – diceva – perché si sentiva timida. Ma in realtà vedendola in tv non sembra: giganteggiava e dimostrava di essere la più brava sia vocalmente che teatralmente». C’è un capitolo importante nella storia del quartetto ovvero l’ingresso nel mondo della rivista, il debutto in Gran baldoria al teatro Lirico di Milano nel 1948 e poi in Rai dove parteciparono ad uno dei primi show allestito in una sorta di teatro di posa all’esterno di via Asiago: «Tutti hanno cominciato a calcare le scene ancora prima di entrare in Eiar. C’era questo quartetto Egie (debuttarono a Roma nel 1940 al Valle, ndr) di cui si trovo a far parte in poco tempo anche mio padre, specializzato in spettacoli goliardici. L’Italia entrava in guerra e loro si esibivano davanti a un pubblico che non aveva peli sulla lingua: una palestra perfetta. Poi il passaggio in Eiar e l’incontro con Remigio Paone (celebre regista e produttore teatrale, ndr) che li portò a Milano. Quando Lucia entra nella formazione è un evento che viene guardato con interesse dalla critica musicale. Un periodo dove incidono molti dischi e vengono ingaggiati da Sandro Pallavicini, il direttore e fondatore della settimana Incom per fare i codini dei cinegiornali. Avevano una rubrichetta dove parodiavano e sceneggiavano le loro canzoni, ancora prima di fare le compagnie di rivista e di andare in tv. E non a caso qualche anno dopo vengono chiamati da Paone che già li conosceva, fanno Gran baldoria, Gran baraonda, Carlo non farlo nel giro di 6/ 8 anni partecipano a sette compagnie di rivista. In ognuna è rimasta una canzone entrata a far parte della storia della musica italiana».
CON SANREMO – ci andarono solo una volta nel 1954 con Aveva un bavero, arrivato sesto – un rapporto controverso: «L’hanno spiegato una volta ospiti da Paolo Limiti: vennero scelti come interpreti a cui gli organizzatori del festival affidarono dei brani un po’ banali, così decisero di renderli più..divertenti. La cosa non piacque né agli editori né agli autori, che non li chiamarono più». E loro si «vendicarono» con le celebri parodie... Grande l’attenzione dei Cetra al mondo dei bambini, nel primo volume sono raccolte le fiabe ritmiche pubblicate originariamente nel 1951 in due dischi 78 giri racchiusi in un box cartonato con una copertina che li vedeva raffigurati in una caricatura come protagonisti di un Luna Park canoro. Ma più avanti Lucia e Virgilio musicarono anche fiabe di Rodari: «Sono disponibili in digitale, ma sarebbe bello rieditarli in cd con una guida all’ascolto. Mio padre ha musicato 70 filastrocche di Rodari, fra quelle finite su disco e ne L’opera delle filastrocche mi chiedo perché non faccia parte dell’opera sinfonica per ragazzi... Ci sono anche tre dischi dedicati alle fiabe di Calvino, ma non è facile andare a proporre queste cose».

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