POLITICA

«Noi di Md continuiamo a cercare l’unità nel pluralismo»

La segretaria di Md Guglielmi: non abbiamo una vocazione minoritaria
JACOPO ROSATELLIITALIA

Ha aspettato qualche giorno dalle «dimissioni dei venticinque», poi ieri la segretaria generale di Magistratura democratica Mariarosaria Guglielmi, pm a Roma alla guida della corrente dal 2016, ha diffuso la sua risposta. Il dibattito fra la dirigenza di Md e il gruppo dei fuoriusciti riunito attorno agli ex presidenti dell’Anm Eugenio Albamonte e Luca Poniz può dirsi ufficialmente aperto.
Dottoressa Guglielmi, per i dimissionari «è compromessa ogni possibilità di continuare a lavorare insieme» a voi di Md. Tutti loro militeranno solo in Area. I magistrati progressisti dovranno quindi scegliere se stare in Area o nel gruppo di cui lei è segretaria?
Credo che una magistratura progressista, unita sui valori e nell’impegno per realizzarli, sia un bene da preservare. Con questa convinzione ho cercato di dare seguito al difficile mandato ricevuto da due congressi di Md, quello di Bologna del 2016 e quello di Roma del 2018. Scelte individuali o collettive di abbandono, con modalità che significano disconoscimento di Md, rischiano di creare contrapposizione e di pregiudicare ogni progetto unitario. La priorità è avere un fronte progressista plurale e capace di unità. Forme organizzative e soluzioni statutarie sul modo e sui luoghi in cui ciascuno vorrà impegnarsi dovranno tenerne conto.
Lei parla di unità e chiede di continuare un percorso comune, magari con modalità organizzative nuove nel rapporto fra Md e Area. Non può negare, però, le vostre divergenze su questioni rilevanti. Ne cito tre: la nomina di Cantone a procuratore capo di Perugia, la permanenza di Davigo al Csm dopo il suo pensionamento, la gestione della crisi dell’Anm in seguito al «caso Palamara».
Md ha sempre rivendicato la sua presenza in Area - come ancora previsto nella sua carta dei valori - non solo con i singoli ma come soggetto collettivo, con le sue elaborazioni. Questa sfida di pluralismo interno si è rivelata molto complessa e difficile da accettare. Sulla nomina di Cantone, Md ha invitato a spiegare bene la scelta discrezionale del Csm in relazione al valore dato all’esperienza fuori ruolo (la guida dell’Autorità anticorruzione, ndr) sia per le valutazioni diverse fatte in casi precedenti, sia alla luce delle posizioni critiche assunte da Area nel passaggio da incarichi fuori ruolo a quelli direttivi. Sul caso Davigo, osservo che le diverse posizioni emerse nel dibattito erano fondate su valutazioni giuridiche, e la votazione in Csm non è avvenuta per schieramenti ma per convinzioni basate sull’interpretazione delle norme. E rispetto all’Anm, Md ha sempre affermato che potremo andare avanti dopo la caduta e la crisi solo rinnovando, e coinvolgendo nel rinnovamento tutta la magistratura associata.
Da quando lei è segretaria e Riccardo De Vito presidente, sono in molti a dire che Md ha ritrovato la sua spinta originaria di gruppo "eretico" dentro la corporazione giudiziaria e di pungolo critico nei confronti del potere politico, come dimostrato dalla vostra scelta per il No al referendum costituzionale del 2016. Per i fuoriusciti è una linea troppo ideologica, troppo «vetero»?
Le spinte alla chiusura corporativa mutano forma ma si ripropongono continuamente: individualismo, protagonismo, conformismo, separatezza dalla società. Per Md è necessario confrontarsi con il profondo cambiamento culturale che tutta la magistratura ha subito, e rinnovare l’impegno nella giurisdizione a difesa dei diritti e delle garanzie, in un quadro di travaglio della democrazia. Ma la visione forte di Md non è mai stata riconducibile ad astratti furori ideologici. Md ha sempre operato per una crescita collettiva della magistratura e della società: è la prospettiva che oggi, come in passato, fa vivere quella spinta originaria nell’apertura e come spinta verso il cambiamento.
Lei respinge l’accusa che l’attuale Md sia a «vocazione minoritaria», quindi, come invece nella sostanza afferma il gruppo dei venticinque che vi ha lasciato.
Md non ha mai avuto pretese elitarie né posizioni di mera testimonianza. Oggi noi vogliamo continuare ad esserci ed offrire, come gruppo di magistrati, il nostro contributo di idee, nel rispetto della Costituzione, per l’attuazione dei diritti e la difesa dello stato di diritto. Quindi no, non c’è nessuna vocazione minoritaria: ci poniamo come parte integrante della società e della magistratura, non solo italiana ma anche europea. Rivendico l’impegno che ha da sempre Md nell’associazionismo europeo, per un’identità europea fondata sui diritti, tanto più importante oggi di fronte ai fenomeni di regressione democratica in atto in paesi dell’Ue come Polonia e Ungheria, nei quali è in corso un pericoloso smantellamento dell’indipendenza dei sistemi giudiziari.
A destra ci sono due gruppi, la storica Magistratura indipendente e la davighiana Autonomia e indipendenza, nata proprio da una scissione di Mi; d’ora in avanti alle elezioni per l'Anm e il Csm ci saranno stabilmente due gruppi anche a sinistra, Md e Area?
In qualunque futuro scenario, e ce ne potranno essere di preoccupanti, la magistratura progressista dovrà essere in grado di trovare nel suo pluralismo una forte motivazione a restare unita sui valori, nella riflessione culturale e nell’azione politica.

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