CULTURA

Maxxi e Munda, una rete per rendere visibili le opere «terremotate»

PATRIMONIO IN ABRUZZO
ALESSANDRO MONTI, BRUNO TOSCANOITALIA/l'aquila (abruzzo)

Il 23 maggio 2019 cittadini, artisti e associazioni culturali dell’Aquila, sostenuti da critici e storici dell’arte, direttori e curatori museali, accademici e docenti universitari, esponenti della società civile di altre città italiane, hanno rivolto un appello all’allora ministro per i beni culturali Alberto Bonisoli, affinché il settecentesco Palazzo Ardinghelli – acquistato nel 2006 dalla direzione regionale Abruzzo del Mibact per le esigenze degli organi periferici e allora in restauro – fosse destinato al Polo museale d’Abruzzo, per essere poi adibito all’esposizione delle oltre 300 opere nella Sezione di arte moderna e contemporanea del Museo nazionale d’Abruzzo (Munda), chiuse in vari depositi dopo il terremoto del 2009.
L’INTENTO ERA FAR RIVEDERE paesaggi, figure e atmosfere di un mondo abruzzese ormai scomparso, ritratti da celebri artisti tra fine ’800 e inizi ’900 (in prima fila Francesco Michetti, Basilio Cascella, Teofilo Patini che aveva il suo atelier proprio a Palazzo Ardinghelli), nonché opere della Scuola romana (Guttuso, Mafai, Pirandello, Maccari, Capogrossi) e di maestri del colore come Saetti, Menzio, Borra, Guzzi, Paulucci, insieme alle collezioni di Remo Brindisi, Emilio Greco e Federico Spoltore che si intrecciano con i lavori di pittori e scultori contemporanei.
Finora ignorato, l’appello merita di essere riproposto e preso in considerazione dal ministro Franceschini, sia pure con diverse modalità attuative, tenuto conto dei successivi eventi e di un’attenta valutazione delle favorevoli ricadute culturali e sociali del suo accoglimento.
LA FINE DEI LAVORI di recupero di Palazzo Ardinghelli, finanziati dalla Federazione russa e interrotti per l’emergenza sanitaria; la consegna del Palazzo a titolo gratuito alla Fondazione Maxxi per aprirvi un «Centro per l’arte e la creatività contemporanea»; l’inclusione del Munda tra i musei dotati di autonomia gestionale con la nomina di un’autorevole direttrice come Maria Grazia Filetici; il protrarsi dell’inagibilità del Castello Spagnolo. Sono tutte circostanze che, se ben «coniugate», potrebbero ovviare, almeno in parte, ai disagi della persistente penuria di edifici demaniali idonei a esporre le collezioni del Munda, prima ospitate al Castello e quasi tutte ancora «in casse» nonostante rappresentino tratti essenziali dell’identità culturale della città e dell’intera regione.
FARSI CARICO DELLE ESIGENZE di «emersione» di collezioni statali d’arte inaccessibili a causa del terremoto, attraverso la condivisione dei limitati spazi pubblici disponibili, è un dovere istituzionale ineludibile. I principi e le finalità della recente attivazione del Sistema museale nazionale (Dm 21 febbraio 2018) prevedono, infatti, la «valorizzazione territoriale integrata del patrimonio culturale» e la «gestione sostenibile dei musei di appartenenza pubblica» per garantire tutela, piena fruizione delle opere d’arte che insistono sul territorio e qualità di accesso agli utenti.
Ragionevole e lungimirante, pertanto, appare l’ipotesi di integrare l’accordo di concessione alla Fondazione Maxxi prevedendo la possibilità per il Munda di usufruire di parti del Palazzo Ardinghelli (oltre 1700 mq) e di contribuire alle relative spese di funzionamento. La «messa in rete» del Munda con il Maxxi attraverso un accordo di partenariato museale, da estendere possibilmente ad altre raccolte d’arte moderna e contemporanea esistenti a L’Aquila, sarebbe in linea con i principi di valorizzazione definiti dal Codice dei beni culturali e del paesaggio.
L’esposizione delle opere del Munda, anche a rotazione (c’è già un’ipotesi di allestimento virtuale dei tre saloni del piano nobile con 99 pezzi), combinata con quella delle 6 opere site-specific e delle altre acquisite dalla Fondazione Maxxi o provenienti dalla sede romana, produrrebbe positivi effetti sinergici, adeguati alla formazione di un innovativo museo di arte moderna e contemporanea che riconosca il valore della memoria della tradizione artistica e la continuità storica del processo creativo, indispensabile a restituire slancio allo sviluppo culturale ed economico del centro storico, tuttora in gran parte spopolato.
LA TEMPORANEA CHIUSURA dei musei offre l’opportunità di approfondire la praticabilità e reciproca convenienza della prospettata condivisione, nonché di apprestare gli assetti organizzativi necessari a renderla operante alla riapertura. Superata l’emergenza sanitaria, Palazzo Ardinghelli potrebbe divenire luogo-simbolo di incontro dell’intera comunità, contribuendo a dare basi strutturali al processo di rigenerazione urbana, recuperando condizioni di più qualificata normalità nella vita quotidiana della città.

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