VISIONI

Le vite parallele dei fratelli della disco music

Dalla swinging London al successo di «La febbre del sabato sera», la storia di Barry, Robin e Maurice Gibb
STEFANO CRIPPAgb

Alti, dinoccolati, hit maker lungo un ventennio per se stessi e per conto terzi, i tre fratelli Gibb alias Bee Gees, nati nell'isola di Mann poi emigrati in Australia, hanno vissuto non una ma due, tre e anche quattro vite parallele. La prima inizia all’alba degli anni sessanta quando da Melbourne fanno ritorno nella madrepatria fra le rutilanti strade della swinging London dove conquistano il cuore degli adolescenti grazie a melodie languorose e impasti vocali sensuali. Poi la seconda vita negli Stati uniti, e qui il loro sound si irrobustisce con innesti soul e disco. Ma la storia dei fratelli Gibb – raccontata in How Can You Mend a Broken Heart (il titolo di uno dei loro successi), un documentario - in uscita il 14 dicembre su Prime Video, Apple Tv e Google Play - diretto da Frank Marshall e prodotto da Nigel Sinclair dedicato alle loro gesta, fitto di aneddoti, riprese inedite in studio e live footage, è molto più complessa.
PERCHÉ come spesso accade nello show business, gli artisti si trovano a fronteggiare i lati oscuri della fama. E in questo il trio australiano non ha fatto eccezione, anzi. Così la passione di Maurice per coca cola e scotch si è trasformata in una dipendenza alcolica fino a quando non ha deciso di entrare in riabilitazione, Robin abusava di anfetamine e ancor più tragico il destino del fratello minore, Andy, grande successo da solista a inizi '80 stroncato da un overdose di cocaina a soli 30 anni. «I miei fratelli hanno avuto a che fare con i loro demoni, ma io ero sposato con una donna che non l’avrebbe permesso», spiega Barry l'unico superstite dei fratelli dopo la morte di Maurice (attacco cardiaco) e Robin (cancro), ovvero il falsetto più celebre della pop music: «Potrei portare la droga in casa ma finirebbe nel cesso. Mia moglie mi ha sostenuto e non ha mai permesso che andassi in quella direzione. Ho dovuto affrontare le fragilità dei miei fratelli, ma sono stato fortunato». E aggiunge: «C’è fama e ultra fama. Perdi la tua prospettiva, sei nell'occhio di un uragano e non sai di essere lì. E non sai cosa sarà domani, non sai se quello che stai registrando sarà un successo o meno. Ed eravamo giovanissimi, non dimenticare».
Ma i Bee Gees dell’immaginario popolare – oltre le hit romantiche come Words, Massachusetts, To Love Somebody, le collaborazioni stellari con Barbra Streisand, Diana Ross, Dionne Warwick – sono legati indissolubilmente agli anni della disco. Un approdo lento ma inesorabile a cui arrivano dopo aver varcato l'oceano destinazione Miami in cerca di ispirazioni. Dal 1974 di Mr. Natural il sound cambia: bassi, pulsanti, chitarre e ancor più ardite armonie vocali che si inseguono su ritmi incandescenti. Raccontava al «New Yorker» nel 2007 ancora Gibb: «Affrontavamo un periodo di stasi, dovevamo fare qualcosa di diverso. Era un rischio ma dovevamo correrlo».
Ad affiancarli il produttore storico di Aretha Franklin e Donny Hathaway, Arif Mardin che aggiunge il suo tocco magico a Main Course (1975) con il sincopato Jive Talkin e la classica Nights on Broadway. L’album della svolta dove l’uso del falsetto si fa ancor più accentuato, è il successivo Children of the World (1976) che contiene la celeberrima You Should Be Dancing: «Il problema – raccontava allora la band – è che l’etichetta (la Polygram, ndr) non riteneva credibile che un gruppo di bianchi suonasse musica nera».
MOLTO PIÙ lungimirante Robert Stigwood che per la Febbre del sabato sera gli commissiona la colonna sonora: molti brani sono già pronti, altri se ne aggiungeranno. Il resto è storia: dei 230 milioni di dischi venduti dal trio, il doppio Saturday Night Fever da solo ne piazza in tutto il mondo oltre 40, rimanendo in vetta alle charts di Billboard per 24 settimane consecutive, generando una sequenza di singoli che si alternano in testa alla top 100 (Night Fever, Stayin’ Alive, How Deep Is Your Love).
QUEGLI ANNI intensi Barry li ricorda con dolore e affetto mentre prosegue la sua carriera solista: l’8 gennaio si accinge a pubblicare Greenfields: The Gibb Brothers vol. 1 in cui rivisita il vecchio catalogo dei Bee Gees con alcune star del country, da Dolly Parton a Keith Urban, passando per Sheryl Crow e Alison Krauss. «Dal primo giorno in cui siamo entrati negli Rca Studios di Nashville (proprio dove Elvis, Willie, Waylon, Roy, gli Everly Brothers e tante altre leggende hanno creato pura magia) l’album ha assunto vita propria. Non potrei essere più grato per l’opportunità che ho avuto di lavorare con Dave e tutti gli altri grandissimi musicisti. Sono stati incredibilmente generosi regalandomi il loro tempo e talento. Mi hanno ispirato più di quanto le parole possano esprimere. Sento che Maurice e Robin avrebbero amato questo album per diversi motivi. Vorrei che fossimo stati tutti insieme per farlo ... Ma penso in un certo senso che lo fossimo davvero.»

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