SOCIETA

I ghiacciai italiani sono in via d’estinzione, allarme Marmolada

I «giganti» vittime della crisi climatica. Nelle Alpi ridotti del 60%. Rapporto di Legambiente dopo un’ispezione scientifica sulle cime
LUCA MARTINELLIITALIA/Cortina d'Ampezzo

La Giornata internazionale della montagna è per Legambiente l'occasione di lanciare un «Sos per i ghiacciai italiani»: la crisi climatica e l'inquinamento minacciano sempre di più il futuro dei giganti bianchi, che sono testimoni del climate change e sentinelle della qualità dell'aria.
I DATI SONO CONTENUTI nel rapporto frutto della campagna «Carovana dei ghiacciai», un'inchiesta sul campo - condotta in alta quota nell'estate del 2020 - che ha visto l'associazione impegnata con il supporto del Comitato Glaciologico Italiano (Cgi). «Da fine ottocento ad oggi, più di 200 ghiacciai alpini sono scomparsi lasciando il posto a detriti e rocce» spiega nell'introduzione il volume curato da Vanda Bonardo, responsabile nazionale Alpi Legambiente, e Marco Giardino, segretario nazionale Cgi.
DEL RESTO, DAL 1850 ad oggi la temperatura media annuale sulle Alpi è aumentata di 2°C (il doppio della media globale): il calore ha comportato negli ultimi 150 anni una riduzione dell'areale occupato dai ghiacciai del 60% su tutte le Alpi, con punte dell’82% nelle Alpi Giulie e del 97% nelle Marittime, dove i ghiacciai sono praticamente scomparsi. Potrebbe fondere completamente, nei prossimi 15 anni, anche il ghiacciaio della Marmolada, una delle cime simbolo delle Alpi Orientali, a due passi da Cortina d'Ampezzo (Bl), la città che ospiterà con Milano i Giochi olimpici invernali del febbraio 2026.
In generale, i dati mostrano come in molti casi l’arretramento della fronte dei ghiacciai ha superato le decine di metri all’anno. Sulle Alpi Centrali, in particolare, è preoccupante lo stato di salute del grande ghiacciaio dei Forni che, con un’estensione areale di circa 11 km2, è il più esteso in Italia dopo quello dell’Adamello.
LA RICERCA SCIENTIFICA evidenzia anche che i ghiacciai siano sensibili testimoni della qualità dell’aria: l'associazione sottolinea la preoccupazione per la presenza ad alta quota del fenomeno del black carbon, costituito da polveri derivanti dall’inquinamento atmosferico di origine antropica proveniente da incendi e da inquinanti che arrivano dalla pianura. Questa componente fa sì che il ghiacciaio fonda più rapidamente. La presenza di black carbon, di tracce di microplastiche e di vari inquinanti, come su tutti i ghiacciai del Pianeta, è un altro lampante segnale dell’invadenza dell’impatto antropico sulla terra.
LA CAROVANA DEI GHIACCIAI ha l'obiettivo di riaccendere i riflettori sui Giganti a rischio estinzione: la loro regressione, infatti, comporta anche preoccupanti conseguenze a valle, sulla riduzione della disponibilità delle risorse idriche (e a livello globale dalla montagna dipende l'approvvigionamento idrico per almeno la metà della popolazione mondiale, dicono le Nazioni Unite) e sull'aumento dei fenomeni di instabilità naturale, causa di erosione del suolo e di dissesto idrogeologico.
PRESENTANDO IL RAPPORTO, Legambiente ha avanzato un pacchetto di dodici proposte per affrontare adeguatamente l’acuirsi dei cambiamenti climatici in montagna chiedendo in primis di approfondire le ricerche sulle variazioni dei ghiacciai e del permafrost, di affrontare le conseguenze economiche del riscaldamento climatico come quelle sull’industria del turismo invernale, riconoscendo la necessità di convertire progressivamente quei modelli di sviluppo che espongono i territori alla continua incertezza stagionale. Serve individuare opzioni di adattamento a breve e lungo termine, partendo dall’esame di buone pratiche e misure già esistenti e promuovendo percorsi di pianificazione partecipata tra le popolazioni interessate. Nonostante le nevicate di questi giorni, una risposta nel medio termine non è spostare sempre più in alto le piste per lo sci di discesa. «Occorre agire adesso e al più presto, se non vogliamo che il riscaldamento climatico produca effetti irreversibili sui territori alpini» spiega Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente.
MANCANO POCHI GIORNI al quinto anniversario dalla firma degli Accordi di Parigi: «Servono - continua Zampetti - misure e politiche ambiziose sul clima con lo scopo di arrivare a emissioni nette pari a zero al 2040. È urgente definire approfonditi piani di gestione ed adattamento, risultato di politiche e di investimenti, al fine di tradurlo in strategie concrete volte ad aumentare la resilienza delle popolazioni e del territorio».
SERVE, INSOMMA, un Piano Nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici. La prima stesura del testo è stata sottoposta a consultazione pubblica nell'estate del 2017. L’iter per la sua approvazione, però, è ancora lungo e incerto.

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