INTERNAZIONALE

«La nostra è una lotta contro il capitalismo»

HONG KONG, GLI ATTIVISTI DI LAUSAN
SILVIA FROSINAhong kong/cina/usa

Il movimento pro-democrazia di Hong Kong sopravvive nonostante la stretta di Pechino sull’autonomia della città. In parte grazie alle infaticabili comunità in esilio, soprattutto a Taipei e Londra, dove si organizzano periodiche manifestazioni davanti all’ambasciata cinese. In parte nelle altre grandi mobilitazioni antigovernative di questi mesi: le tattiche del movimento anti-estradizione hanno raggiunto Thailandia, Bielorussia, ma anche gli Usa.
A Portland, i manifestanti hanno imparato, da video girati ad Hong Kong, come usare i coni stradali per coprire e neutralizzare i fumogeni lanciati dalla polizia. Sia a Seattle che a Washington i manifestanti si sono muniti di ombrelli, simbolo del movimento di Hong Kong, per proteggersi dal gas lacrimogeno. Senza contare che anche un movimento come Black Lives Matter ha abbracciato il motto be water e – in linea con la prescrizione di evitare bersagli facili per il potere repressivo – non ha né un portavoce né una leadership. Lo scambio è stato possibile anche grazie al dialogo apertosi tra BLM e Lausan, un collettivo di sinistra radicale, che promuove i collegamenti della lotta pro-democrazia di Hong Kong con l’etica antirazzista e anticapitalista. Per Lausan, il dialogo ha giovato ad entrambe le parti. Il confronto con proteste di natura fortemente antirazzista - ad esempio - ha costretto gli attivisti di Hong Kong a misurarsi con gli orizzonti politico-sociali del loro movimento. «Molti hanno voluto sottolineare la natura non ideologica delle proteste, invece è importante chiedersi dove si situi la nostra lotta» spiegano gli attivisti di Lausan «rispetto a quello stesso paradigma liberal democratico che legittima politiche imperialiste e antidemocratiche, sia statunitensi che cinesi». La risposta non è scontata. Tra le molte anime del movimento di Hong Kong ci sono frange estremiste e xenofobe. Le stesse che, vedendo in Trump l’ultimo argine alle ingerenze cinesi, sventolavano bandiere a stelle e strisce. «Il problema è che i volti tradizionali della lotta di Hong Kong mancano della lingua e delle risorse per rendere il senso di una battaglia come quella per la liberazione dei neri. Per questo la sensibilizzazione internazionale sulla questione di Hong Kong ha avuto come obiettivo principale le istituzioni Usa, invece che l’attivismo dal basso» racconta uno dei portavoce del collettivo.
Analogamente, molte delle principali proteste dopo il passaggio di Hong Kong alla Cina nel 1997 sono state politicizzate e interpretate solo come critiche al Pcc. «L’analisi dovrebbe includere invece la lotta di classe e le rivendicazioni socio-economiche», spiegano gli attivisti. «Parte del nostro lavoro è cercare di ampliare il discorso oltre l’antiautoritarismo con analisi che prendono di mira le élites economiche oltre a quelle politiche». «Gli scioperi in Cina sono frequenti e ci sono stati episodi di solidarietà con i lavoratori cinesi» proseguono gli attivisti «ma le autorità hanno sempre impedito ai gruppi di allearsi in un vero e proprio movimento».
Le proteste anti-estradizione hanno dato vita a fenomeni positivi, come l’aumento delle unioni sindacali. Secondo l’Hong Kong Labour Department, ci sarebbero stati 25 nuovi sindacati iscritti ai registri nel 2019. Quasi il doppio dei 13 registrati nel 2018. Un dato incoraggiante secondo Lausan, che spera in nuove forme di organizzazione e collaborazione con gli attivisti della Cina continentale. Per questo è importante che all’estero si cominci a capire come funziona il conflitto politico nella Cina di oggi. «I media internazionali sono solidali con Hong Kong perché comprendono il nostro modo di manifestare il dissenso con raduni, marce, proteste e, più di recente, i combattimenti in strada con la polizia» dicono, «Ma l’attivismo del futuro sarà diverso, solidale con le lotte sul continente, ma anche necessariamente più silenzioso da entrambe le parti. L’obbiettivo sarà passare inosservati, quasi come se non esistessimo».

Supporta il manifesto e l'informazione indipendente

Il manifesto, nato come rivista nel 1969, è sinonimo di testata libera, indipendente e tagliente.
Logo archivio storico del manifesto
L'archivio storico del manifesto è un progetto del manifesto pubblicato gratis su Internet e aperto a tutti.
Vai al manifesto.it