VISIONI

Beat oscuri nel vuoto del presente: Young Signorino e la stravaganza dell’outsider

«CALMO» È L’ALBUM DI DEBUTTO PER IL TRAPPER ROMAGNOLO
LUCA PAKAROVITALIA

Seduto in autobus, il mio vicino adolescente ascolta a tutto volume un brano nelle cuffiette. Riconosco Whisky Maschio di Young Signorino. A freddo gli domando cosa lo attirasse del rapper di Cesena, lui meravigliato che un adulto lo conoscesse m’ha risposto, in sintesi, che i suoi brani privi di senso manifestano ciò che vede attorno a sé.
Signorino, alias di Paolo Caputo, face tatoo di coltelli e frasi, si dichiarava «figlio di Satana», un passato nel reparto psichiatrico. Resta enigmatico per i suoni gutturali come in uno dei brani che l’ha lanciato, Mmh ha ha ha, attualmente con quasi 32milioni di visualizzazioni. Nelle sue canzoni ci sono sempre dei beat bassi oscuri anche quando i video sono coloratissimi, le parole sussurrate nelle tracce disarticolate in una sorta di freestyle producono uno smarrimento in cui però si possono scorgere le coordinate di questo tempo, parallele alla comunicazione essenziale dei social. Poche parole, segni, suoni, talune volte una tenerezza spietata. Nelle interviste ha raccontato della sua depressione, di una realtà troppo potente che lo sovrastava spedendolo in psichiatria. Risposte sempre vaghe eppure definitive. Un’indecifrabilità relegata al passato, ora abbandonata per un disco intellegibile a tutto tondo. Le parole sono arrivate, chiare, per raccontarsi con una nota di insospettabile romanticismo.
E FORSE questa è la scommessa maggiore di Calmo (Subsound), album di debutto di un artista di 22 anni che, visto quanto si è parlato di lui, potrebbe sembrare già navigato. Un lavoro tutto sommato abbastanza prevedibile nel panorama dei trapper in cui emerge la sua storia, un’autobiografia in versione pacificata e «normalizzata» (appunto calmo, come la title track) malgrado l’estetica barocca che lo contraddistingue. In questo lavoro ci si ritrova orfani della stravaganza dell’outsider, dei folli nonsense, con il malessere esposto in una vetrina luccicante. Una trasformazione totale verso spunti intimistici in brani come Lacrime o malinconici di La luna mi guarda che però scivolano sul lato più retorico. Il ritmo latineggiante e ingolfato di Mon amour non aiuta certamente.
AL SUO ESORDIO live al Monk di Roma non si presentò, era il maggio 2018. Poteva essere la fine o la nascita di una star. Nel frattempo era stato scritto di tutto, che è diseducativo (Forza Italia), è un drogato (ogni social), non è un artista e forse per questo il video di Burrocacao Rosa si apriva con una citazione di Realismo Capitalista di Mark Fisher, in cui il nuovo spaventa e ci si rilega nel «vecchio». Young Signorino è sembrato l’emblema del pericoloso nuovo, ma dopo la riuscita collaborazione con chi può essere la sua antitesi artistica, Vinicio Capossela, è riuscito ad acquisire considerazione dalle generazioni dei quaranta, perdendo però appeal verso i consumatori seriali di trap. Con questo album rischia di non stregare né gli uni né gli altri. Consigliato male, ma forse è solo una rinascita prima di tornare a osare.

 

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