INTERNAZIONALE

Xi il timoniere: «Lotteremo contro i nemici»

Nel discorso per i 70 anni dalla guerra di Corea il presidente cinese manda messaggi agli Usa. Rinnovato l’accordo con il Vaticano
SIMONE PIERANNIcina

Dopo i toni più miti dei giorni precedenti, ieri il presidente cinese Xi Jinping nel suo discorso in ricordo dei 70 anni dalla guerra di Corea ha utilizzato parole di ben altro tenore, indirizzate senza troppi giri di parole direttamente agli Stati uniti.
Denunciando «l’aggressione imperialista» americana in Corea, Xi Jinping ha sottolineato che «È necessario parlare agli invasori nella lingua che conoscono: cioè, una guerra deve essere combattuta per scoraggiare l’invasione e la violenza deve essere contrastata dalla violenza. La vittoria è necessaria per ottenere pace e rispetto. La Cina non si arrenderà mai alle minacce, né sarà soggiogata dalla repressione».
Considerando che nel documento del Politburo di convocazione del Quinto Plenum in programma da lunedì 26 ottobre era citato più volte il concetto maoista di «guerra prolungata», il nuovo timoniere cinese pare intento a fomentare «l’amore di patria» dei cinesi di fronte a tempi che – seppure l’economia cinese appaia in ripresa – si preannunciano piuttosto instabili.
LE RELAZIONI CON GLI USA e la pandemia mondiale modificheranno gli attuali assetti e Xi Jinping sembra chiedere al proprio popolo di tenere alta la guardia. Il discorso, nella grande Sala del Popolo, si è contraddistinto per i toni davvero accesi come non sempre è accaduto con Xi Jinping, presidente che ama i classici e le citazioni colte per lasciare intendere, più che urlare in faccia.
ALCUNI RIFERIMENTI MILITARI non lasciano dubbi sulla necessità, da parte del Pcc, di unire attorno a sé popolo ed esercito, proprio come il concetto di guerra di lunga durata e mobile (teorizzata da Mao in occasione dell’invasione giapponese di fine anni '30 quando ancora non esisteva la Repubblica popolare) richiede: «La Cina deve andare avanti e accelerare il ritmo di modernizzazione della difesa nazionale e militare e deve costruire un esercito di classe mondiale. Senza un esercito forte, non ci può essere una madre patria forte». E ancora: «Il popolo cinese non creerà problemi, ma non abbiamo paura di loro, e non importa le difficoltà o le sfide che affrontiamo, le nostre gambe non tremeranno e le nostre spalle non si piegheranno».
ANALOGHI I RIFERIMENTI di natura territoriale: «Non permettiamo a nessuno di invadere e dividere il territorio sacro della nostra patria»; se si dovesse verificare «una situazione così grave, la affronteremo a testa alta». Non è neanche un caso che questo linguaggio sia stato usato poco prima di un appuntamento così rilevante come il Plenum, occasione per lanciare il nuovo piano quinquennale, il progetto Vision 2035 e probabilmente - ma questo lo sapremo solo tra due anni - immaginare già i ricambi all’interno della commissione permanente per il 2022, anno nel quale, contrariamente a quanto accaduto fino a prima di Xi, scadrebbe il decennale al potere del novello «cuore» del partito. Xi invece rimarrà e tra due anni sarà interessante vedere se si comincerà a scorgere, o meno, un suo successore. Per ora è un «one man show» come non si vedeva da tempo; lo testimoniano anche recenti arresti (come quello di Dong Hong, braccio destro del sodale di Xi, Wang Qishan) che lascerebbe presupporre un nuovo rimescolamento con il «team Xi» - composto dai suoi fedelissimi - sempre più potente.
INSIEME AI TONI guerreschi, però, la leadership cinese non dimentica il futuro. In primo luogo nel piano quinquennale verrà dato grande risalto alla tecnologia quantica, uno dei settori sul quale la Cina ha investito di più in attesa di arrivare per prima, forse, al super computer quantico. In secondo luogo Cina e Vaticano hanno rinnovato il loro accordo segreto sulla nomina dei vescovi, nonostante il pressing forsennato degli americani.
In attesa di sancire il cambiamento che produrrà sull’intero paese il piano quinquennale, Xi ha scaldato la popolazione che, anche in momenti delicati e rischiosi come l’inizio del pandemia, ha dimostrato di rispettare ancora quel patto sociale sancito da Deng dopo l’89 che prevede per la popolazione la possibilità di crescere e migliorare la propria vita in cambio della cessione di alcuni diritti e della disponibilità a fornire carne e sangue alle linee guida del partito.

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