CULTURA

L’arte nel corpo a corpo con il fuoco

Storia ribelle della Wall Street gallery di Berlino, distrutta da un incendio
SILVIA NUGARAgermania/berlino

Con l’incendio che esattamente sei mesi fa a Berlino ha distrutto la Wall-Street Gallery, al 12 della Zimmerstrasse, è come se fosse bruciato l’ultimo presidio di resistenza alla mercificazione della via che attraversa il Checkpoint Charlie, ormai da tempo divenuto un carosello turistico.
La Zimmerstrasse si trova sul confine tra il quartiere Kreuzberg e il Mitte e si estende tra il grattacielo del colosso editoriale Axel Springer e la Topographie de Terrors, centro di documentazione che sorge dove un tempo fu la sede della Gestapo. Incuneata tra negozi di souvenir e ristori dai nomi grotteschi come il caffè Espressonisten, la Wall-Street Gallery ora è vuota, la vetrina è spaccata e operai si affaccendano a cancellare le tracce del fuoco che ha distrutto gli spazi in cui l’artista Peter Unsicker (Heidelberg, 1947) viveva e operava con la compagna, la musicista Claudia Croon.
LA COPPIA si è salvata, ma lei ha riportato ustioni di terzo grado sulle dita e al capo e ha trascorso diverse settimane in ospedale. Ora sono ospiti di amici, l’unica assicurazione che abbiano mai sottoscritto, e il futuro è quanto mai incerto. Nel 2016 il proprietario della casa-atelier aveva comunicato loro l’intenzione di rinegoziare i termini della locazione così da poter imporre i prezzi da usura che sono ormai la norma in quella parte della città.
Che ne sarà d’ora in poi della casa-atelier che fu luogo nevralgico della Berlino divisa? «Siamo ancora locked down e knocked down, viviamo in isolamento e traumatizzati», confessa Claudia Croon sorseggiando un tè, riferendosi alla cesura epocale che questo trauma rappresenta. A parte alcune sculture metalliche di Unsicker, il pianoforte a coda Bechstein della compagna e pochi altri oggetti, nell’incendio di aprile sono andati in fumo il lavoro e i ricordi di una vita.
Un tempo, la Zimmerstrasse era attraversata longitudinalmente dal Muro che distava poco più di cinque metri dalla soglia della Wall-Street Gallery. A Peter Unsicker bastava uscire sul marciapiede per «sconfinare» da ovest a est. Tra l’inaugurazione della galleria nel novembre 1986 e il marzo 1990, la sua arte fu un vero corpo a corpo con il Muro e con le forze di sicurezza che lo pattugliavano. La performance inaugurale fu l’apposizione di un enorme cerotto di tela e gesso con sopra dipinta una croce rossa da cui emergeva il calco del volto di un bambino.
I MILITARI GIUNSERO di notte a strappare via il cerotto ma l’intervento tempestivo e muscolare dell’amico pittore Mick van Cook riuscì a salvare il volto. Da quel momento, Unsicker fissa al Muro tutta una serie di nuove maschere dando vita al Muro estetico del pianto, opera effimera poiché tra poliziotti, militari e passanti in cerca di ricordini, le maschere furono pian piano tutte staccate e ne rimangono solo alcune fotografie.
SARÀ POI LA VOLTA della Guerra gelida, una grande colata di ghiaccio, e di tutta la fase «legno contro calcestruzzo» ispirata a quella palizzata che gli olandesi costruirono a Manhattan contro gli indiani e che poi sarebbe diventata Wall Street. Il Progetto-palizzata fu un happening durato circa un mese durante cui Unsicker, con l’aiuto di amici, poggiò contro il Muro diversi metri di travi ammuffite o infestate dai vermi. L’idea era contrapporre natura e opera umana e dare visibilità alla putrefazione di cui quest’ultima era espressione. Unsicker aveva aperto la galleria seguendo la via indicatagli dalla consultazione dell’I Ching, l’antico metodo divinatorio cinese conservato nel Libro dei mutamenti, dove l’esagramma 18 corrisponde a Ku – operare su ciò che è stato corrotto: «in quel tempo, la morte e la decadenza andavano contrastate con qualcosa di vivace, importante, epocale che avrebbe permesso a quel blocco di cemento di parlare».
OLTRE ALLE PERFORMANCE, Unsicker, che si è perfezionato come scultore nel corso di due lunghi viaggi nel 1969-1971 e nel 1982 in Africa Sud-occidentale, realizza opere in bronzo, ceramica e legno, spesso composizioni a incastro, in un’incessante ricerca sull’idea di frattura, di divisione ma anche di dialogo, conciliazione e incontro proseguita anche dopo il 1990. Come mostra il documentario biografico Galleria Infinita, visibile su Vimeo, globi e sfere sono ancora oggi tra gli oggetti preferiti del lavoro di Unsicker teso a indagare «il nostro rapporto con il globo su cui abitiamo e con la sfera che ci circonda».
PER LUI, «L’INCENDIO è strettamente e misteriosamente legato al Covid: si è sviluppato nel momento in cui i contagi qui in Germania erano all’apice. Si parla del virus con metafore acquatiche, si dice che procede ‘a ondate’ ma in realtà è come un fuoco che può bruciare i polmoni e la nostra capacità di dialogo».
Nonostante le difficoltà, Unsicker non si sta lasciando abbattere: «disegno e scrivo molto. Faccio parte di un gruppo che si ritrova per realizzare una scultura in quercia nei pressi del Reichstag, dove sono riportati su 19 lastre di vetro i diritti fondamentali della Costituzione tedesca ma ne manca uno, quello enunciato dall’articolo 20 secondo cui i cittadini hanno diritto di resistere a chiunque tradisca o tenti di rovesciare la democrazia nella Repubblica Federale. La scultura riporterà il testo di quell’articolo».
PARTECIPA inoltre al comitato popolare che si oppone allo sviluppo di un complesso residenziale sulla Jüterboger Straße, a Kreuzberg, che sottrarrà al cimitero di zona parte del terreno, con l’abbattimento di alberi e piante: «La proprietà afferma che il complesso sarà destinato a ospitare rifugiati e chiaramente è difficile contrapporsi a un argomento di questo tipo, però lo spazio non manca in questa città; perché andare a distruggere un polmone verde in un momento in cui abbiamo tanto bisogno di ossigeno?».
Per aiutare la Wall-Street Gallery a rinascere dalle sue ceneri, un po’ di ossigeno poterebbe arrivare dalla raccolta fondi lanciata per sostenerne la ristrutturazione: www.betterplace.me/wall-streetgallery76. L’obiettivo di dodicimila euro è ancora lontano ma si spera che sempre più persone, da tutto il mondo, e con piccoli contributi, possano dare una mano.

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