MANIFESTO

Non è perduta e ci aiuta a non perderci

RANIERO LA VALLEITALIA/ROMA

Ho partecipato giovedì all’incontro in piazza Santi Apostoli per ricordare tutti insieme Rossana Rossanda, e ne ho tratto la commossa percezione della sua permanenza nella nostra storia.
I discorsi su di lei - a cominciare dal discorso tutto politico di Aldo Tortorella - non parlavano solo del nostro passato, ma del futuro, di quanto ci rimane da fare tra il meglio da attuare e il peggio da combattere e vincere. Ma soprattutto quella comunione di popolo stabilita nel suo nome, attestava il mistero della vita umana che, dalla più povera alla più ricca, non viene «tolta», ma lavorata e trasformata dalla morte, perché ogni persona è un infinito che per l’appunto non conosce fine.
In ciò la stessa Rossana era contraddetta su quanto aveva affermato in morte del grande amico suo, e nostro, il monaco padre Benedetto Calati sul manifesto del 26 novembre 2000, quando scriveva che si era spento con lui «un monaco raro che amavamo e che ci amava e per noi, che non speriamo nell’eternità, per sempre perduto». Anche Rossana Rossanda era una comunista «rara», ma non è affatto perduta per sempre, e sarebbe un guaio che proprio le persone più rare fossero quelle più perdute, quando invece sono proprio quelle che ci aiutano a non perderci anche noi.
E la differenza non sta nel credere o non credere all’eternità, perché le categorie di credenti e non credenti sono due categorie polemiche, cattivo retaggio della modernità, che non furono in principio e che sarebbe gran tempo di superare; Rossana, con l’etichetta «non credente», insieme a Pietro Ingrao e a Mario Tronti saliva ogni anno al monastero camaldolese di Montegiove per discutere con padre Benedetto ed altri monaci e laici di ogni confessione di «temi e dilemmi sapienziali», come lei stessa scriveva, «che in ultima istanza non sono così distinguibili tra religione e religione, religione e laicità»: e infatti sono gli stessi; e sono tra quelli che sono stati evocati, anche se in altre categorie e con altre parole, in piazza Santi Apostoli.
E a proposito dei «non credenti» Rossanda, citando padre Calati, scriveva che questa definizione non poteva - a lui ma anche a noi - «importare di meno giacché dio, era scritto, aveva amato il mondo, non solo i fedeli». E se del cristiano è «in più la fede», essa è «meno essenziale dell’amore» che invece è di tutti: e questo non lo scriveva solo la Rossanda sul manifesto, sta scritto in ambedue i Testamenti e in tutte le Scritture.
Dunque la differenza, per la quale nessuno è «per sempre perduto» non sta nel credere o non credere nell’eternità , ma nel credere o non credere, nel praticare o non praticare l’amore; per questo Rossana non è perduta, e nemmeno i comunisti come lei: perché si può essere rivoluzionari una settimana, si può essere rivoluzionari dieci anni, e anche si può essere rivoluzionari per venti anni «per professione», ma non si può essere rivoluzionari tutta la vita se non per amore.
Perciò lei non è perduta per sempre, e «per favore» (per citare questa volta papa Francesco) non ci perdiamo neanche noi.

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