CULTURA

«Cara pace», quel viaggio iniziatico fuori dal guscio

NARRATIVA
ARIANNA DI GENOVAITALIA

La mente e il cuore. La sobrietà del controllo e il magnetismo di chi prende la vita a morsi, con rabbia e passione, scontrandosi con chi, invece, prova a centellinarla per difendersi e per proteggere gli «altri» amati. Quelli che, per destino e nascita, non sono stati dotati di un carapace in cui rifugiarsi quando fuori infuria la bufera. Ed è proprio questa parola, spezzata in due, risemantizzata, con valenze simboliche cangianti, che dà il titolo all’ultimo romanzo di Lisa Ginzburg, Cara pace, appena arrivato sugli scaffali delle librerie (Ponte alle Grazie, pp. 256, euro 16).
LA STORIA SI ANNODA intorno a una famiglia divisa, dove due sorelle si sorreggono - seguendo ognuna la propria indole - e tentano di camminare lungo le strade dell’esistenza, guardandosi indietro il meno possibile. Ma non è possibile. Il ricordo di una madre che è andata via, che si è allontanata perché ha scelto un altro amore e non le sue bambine, torna a bussare alla porta dei sentimenti sgualciti. Implacabile, giorno e notte.
MADDALENA, la sorella maggiore - è anche la voce narrante che scava tra le macerie di quella perdita impronunciabile - ha cavalcato il buco nero dell’abbandono spendendosi per mantenere in equilibrio se stessa dentro la parvenza di una quotidianità «normale». Non così Nina, la più piccola, che agisce spesso come una cavalla imbizzarrita per lenire - scalciando - un dolore insostenibile. Lo scarica in nevrotici whatsapp che raggiungono l’altro capo del mondo a tutte le ore, nel pieno disinteresse delle attività altrui. L’impellenza emozionale non può sottomettersi a proiezioni geografiche o temporali.
IL SUPERAMENTO di un confine segnerà il distacco da quell’immersione amniotica nella sofferenza (a volte, il disagio è l’unico legame affettivo che resta per prendersi cura e, a propria volta, curarsi) che relega le protagoniste in una infinita infanzia. L’«uscita» sarà tracciata da una partenza, un viaggio a ritroso: Maddalena decide di tornare a Roma. Per raccogliere tracce e disegnare piccole mappe interiori. Elaborando il «lutto» che ha reciso le sue radici, potrà finalmente crescere, ritirandosi dall’identità scomoda di «figlia».
LASCIA LA SUA CASA e la famiglia per abitare un interstizio non esplorato. Si prende una vacanza dal suo presente troppo silenziato per andare verso un passato di certo vischiosissimo ma denso di vita palpitante. È una «cesura» che richiede uno stato di grazia e una sospensione del giudizio, fidandosi del flusso delle immagini - il riaffiorare dei momenti vissuti insieme alla sorella, al padre, alla madre, a Marcos, a Pierre.
Solo in questo modo, l’ostinato carapace che nega sguardi e incontri può trasformarsi in una meritata «cara pace».

 

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