VISIONI

L’(in) canto dolente della Fenice

BLACK
STEFANO CRIPPAusa

Voce potente ma estremamente duttile, Gregory Porter ha consolidato in un decennio un successo che l’ha portato dai club americani ai teatri «sold out» in tutto il mondo. Il nuovo album - All Rise - dove è immortalato in copertina con il suo inconfondibile berretto a visiera, lo vede tornare a comporre materiale originale dopo la parentesi monografica dedicata al repertorio di Nat King Cole. Dodici tracce - quindici nella versione deluxe - che sottolineano ancora una volta la sua capacità di raccontare storie attinte dalla quotidianità su musiche ispirate e solidi arrangiamenti, che si muovono su territori jazz prendendosi svariate licenze in direzioni marcatamente soul.
«PHOENIX» è un inno agli amanti e all’amore, Mister Holland canta la diseguaglianza razziale dal punto di vista di un adolescente nero che esce con una ragazza bianca, mentre Revival song si schiude su un magnifico coro gospel. Ma la perla del sesto album del baritono americano è la ballata Everything you touch is gold, interpretazione dolente dove rende esplicitamente omaggio alla classe di un grande soul man scomparso: Luther Vandross. Chapeau.

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