COMMENTO

Dai soliti sospetti (dei buoni maestri) al complottismo

Negazionismo
MARCO ROVELLIITALIA

Non immaginavo certo che il «sospetto» che abbiamo appreso a mettere in atto dai «maestri», e che abbiamo a nostra volta diffuso, insegnato, sarebbe divenuta una cifra così devastante del nostro presente.
Sospettate delle verità del potere, dicevamo, non credetegli, guardate oltre le apparenze. Pensate con la vostra testa. Seguite i soldi, per capire a chi giova. Le multinazionali sono i poteri forti a livello planetario, dicevamo (fino agli esiti impersemplificatori dello Stato Imperialista delle Multinazionali, il SIM, che le Brigate Rosse indicavano come il nemico). E via dicendo, ci siamo capiti immagino, stiamo parlando di un lessico e di una sintassi che appartengono alle nostre cornici concettuali.
Ed eccolo, questo spirito del tempo, è dominato dal sospetto. Nessuno crede più a niente. E ognuno pensa con la propria testa (così credono), e si fa giudice di tutto. Delle big pharma con i loro vaccini, dei virus che sono una truffa per manipolarci, della tecnologia 5G e microchip idem, dei poteri forti Bill Gates e Soros che controllano il tutto, delle migrazioni governate dal piano Kalergi, e via straparlando.
Il sospetto ha vinto.
E dunque: abbiamo vinto? Non si direbbe.
Qual è il discrimine tra il sospetto doveroso che abbiamo diffuso e questo? La risposta più ovvia è la competenza per giudicare, certo, lo studio da applicare alle cose, dove il culto dell'individuo-sovrano fondato nell'era neoliberista invece pensa di poterne fare a meno in maniera del tutto legittima, e i social network sono evidentemente il diffusore principe e perfetto per questo trionfo di un sé che vive permanentemente allo specchio. A un livello più profondo, c'è che quel sospetto non può vivere se non affonda la propria pratica nel pensiero della complessità, e invece la semplificazione domina. Senza la complessità e l'astrazione del pensiero, il sospetto si incarna in puerili elaborazioni mitologiche, che vivono di ipostasi inconsapevoli, dei cattivi Soros e Gates che tessono una tela di ragno attorno al mondo. Non è certo colpa di Marx, Nietzsche e Freud, dunque, quelli che Ricoeur aveva appunto chiamato "i maestri del sospetto", perché il loro sospetto viveva in una complessità profonda.
Marx, per esempio, ci ha insegnato che occorre guardare alla struttura del funzionamento del capitale, al suo meccanismo, non ai soggetti che incarnano quel meccanismo. E lo stesso vale per i cosiddetti poststrutturalisti, da Foucault a Deleuze, quando parlavano di "morte del soggetto": guardiamo alle pratiche, ai dispositivi, al divenire in cui ogni individuo è immerso e da cui ogni individuo è trasceso. Deleuze non parlava di SIM. (Certo, sto ipersemplificando). Se si smarrisce questo pensiero complesso, ci si perde in fantasmagorie che, partendo dal dubbio del sospetto, arrivano in realtà a frantumare ogni forma di dubbio, e risolvono ogni contraddizione. E invece la contraddizione è la legge del pensiero di cui non si può fare a meno, se non si vuole cadere in queste forme embrionali e mitologiche di pensiero con cui siamo a fare i conti, che si incardinano nella credenza di entità stabili, individuali, in un piano ordito come una trama di un film, nei Soggetti che sono il fondamento metafisico di ogni realtà (Ed è qui, in ultima analisi, la differenza tra i complottismi odierni e la controinformazione su “piani” specifici, spaziotemporalmente connotati, dalla strategia della tensione al Watergate). E del resto il concetto metafisico correlato a queste fantasmagorie mitologiche è quello di Identità, la parola chiave dell'epoca del sovranismo. Basti vedere, ad esempio, i soggetti che hanno organizzato la manifestazione di Roma di novax, nomask e compagnia brutta, che sono gli stessi che organizzano il convegno “Identità”, con relatori quali Dugin, Fusaro, Cunial, Meluzzi. Personaggi poco seri, certo, sui quali potremmo pure farci solo due risate, se non fosse che sono il sintomo di tendenze ben più profonde che determinano il senso comune.
Come diffondere il pensiero della complessità e delle contraddizione nell'epoca di un pensiero ipersemplificato, ecco la vera questione politica. Che certo, se la pensi nel contesto dato, induce alla disperazione. Confidiamo sempre nell'ottimismo della volontà, quella non deve mancarci.

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