INTERNAZIONALE

I libanesi fanno rete tra solidarietà e rabbia: «La violenza è dietro l’angolo»

CIBO, PULIZIA DELLE MACERIE, POSTI LETTO
SONIA GRIECOlibano/beirut

Mentre le immagini di una Beirut distrutta fanno il giro del mondo e si avvia la macchina degli aiuti, gli abitanti della città si sono rimboccati le maniche per ripulirla dai detriti e dai vetri che ne tappezzano le strade. Con il tam tam sui social media si chiamano a raccolta volontari: servono sangue negli ospedali (quelli ancora agibili) al collasso, già in difficoltà prima dell’esplosione di martedì a causa del Covid-19; posti letto, case, rifugi per i circa 300mila sfollati; persone che vogliano imbracciare una ramazza e aiutare a pulire le case e le strade.
«È UN’IMPRESA IMMANE – ci dice Sabine Choucair, artista e co-fondatrice del gruppo Clown Me In – C’è così tanto da fare che non credo che riusciremo a finire, né contiamo sul governo che è assente». Rabbia e frustrazione hanno preso il posto dell’incredulità. «Non ci resta che aiutare chi ha bisogno per incanalare la collera che proviamo», spiega un ragazzo che preferisce restare anonimo. Amici hanno aperto gruppi Whatsapp per raccogliere le richieste di aiuto e una priorità è liberare le case dai vetri e dai calcinacci. Clown Me In e il gruppo Al Jana hanno raccolto le adesioni di 60 volontari, mentre Johnny Assaf, dell’agenzia immobiliare Living Beirut, ha organizzato squadre di volontari per aiutare gli anziani a rimettere a posto le proprie case nei quartieri di Mar Mikhael, Geitawi e Karantina, tra i più danneggiati. Nel suo post si legge: «Se volete aiutare, indossate una maglietta bianca e presentatevi al punto d’incontro alle 15.30 muniti di guanti, ramazza o badile, buste di plastica».
LE RACCOLTE FONDI tramite le piattaforme di crowdfunding hanno ottenuto subito risposta, spesso oltre le richieste, con donazioni di privati da ogni parte del mondo. Il Libano ha una società civile molto attiva, ricca di gruppi e associazioni di ogni tipo, oltre che di ong, che in questa emergenza hanno subito trovato il modo di partecipare dal basso alla macchina degli aiuti. I libanesi, ma anche palestinesi e siriani hanno fatto rete e in tanti, da tutto il paese, hanno offerto ospitalità agli sfollati nelle proprie case. La nota pagina Facebook Apartments in Beirut ha deciso di pubblicare soltanto i post di chi vuol mettere a disposizione appartamenti o stanze, e su Instagram fa lo stesso la pagina Open Houses Lebanon.
«Ognuno aiuti come può», è l’appello di Hussein Kazoun, dell’impresa agricola Field To Fork, che sta donando i suoi prodotti a chi ne fa richiesta, come i tanti che hanno organizzato collette per distribuire beni di prima necessità. A Beirut la gente è al lavoro nelle strade, nelle case, nei negozi; fa la sua parte per tornare a qualcosa che per lo meno si avvicini alla normalità spazzata via dall’esplosione di martedì.
«È MERAVIGLIOSO come siamo capaci di auto-organizzarci – ci dice Leila – ma dovremo attraversare tempi molto duri prima di vedere un miglioramento in questo paese e non potrà avvenire se non ci sbarazziamo di questa classe dirigente corrotta, riuscirci è arduo e la violenza è dietro l’angolo».

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