VISIONI

Fuori dalla quarantena, corpi e spazi nella nuova «normalità»

Un lavoro itinerante e audioguidato per trenta spettatori alla volta
LINDA CHIARAMONTEITALIA/BOLOGNA

È trascorso poco più di un mese dal giorno della riapertura dei teatri «fuori dai teatri» e della ripresa degli spettacoli dopo settimane di paralisi di tutte le attività culturali dal vivo. E la compagnia Kepler 452 ha scelto proprio il 15 giugno per calcare piazza Maggiore a Bologna, con Lapsus Urbano // Il primo giorno possibile. Un ritorno dal forte valore politico per una riappropriazione dello spazio pubblico oltre che una presa di posizione della piazza da parte degli spettatori/cittadini negata per mesi dalle restrizioni. Un lavoro itinerante e audioguidato per trenta spettatori alla volta che dopo aver ascoltato le regole di comportamento e le istruzioni, seguono le indicazioni di un attore-arbitro in divisa fosforescente e si muovono come cellule mononucleari, isolate dalle cuffie dal resto del mondo, immerse nella narrazione e rispondendo alle domande su come hanno trascorso i mesi di isolamento.
UN RITORNO in mezzo agli altri, ma soli e distanti, a teatro, ma fuori. Elementi che segnano un nuovo modo di vivere e condividere la cultura, in cui scambio, dialogo e confronto sono parte integrante. Il progetto di Enrico Baraldi, Nicola Borghesi, Riccardo Tabilio, è stato pensato, scritto e registrato in piena quarantena per la stagione di Agorà diretta da Elena Di Gioia. Si tratta di una riflessione su ciò che abbiamo vissuto: paura, restrizioni, perdita del lavoro, cassa integrazione, telelavoro, confinamento, mancanza di relazioni, lontananza dagli affetti, preoccupazioni economiche, sofferenza per i morti, i malati, il contagio, la malattia, la solitudine. Ma anche dati, numeri, notizie discordanti di virologi e telegiornali. In parte racconto, soprattutto richiesta di partecipazione occupando lo spazio secondo i punti cardinali, rispondendo con il proprio corpo ai quesiti sulla quarantena, se vissuta in solitudine o compagnia, in case piccole o grandi, lavorando o meno, per scandagliare un’esperienza del tutto inedita. Gli spettatori diventano una sorta di grafico umano, delle percentuali, come i numeri e le percentuali che per mesi hanno accompagnato le nostre giornate scandendo l’andamento della pandemia.
IN ALCUNI PASSAGGI ci si trova di fronte al pensiero della propria morte e del tempo che rimane a ognuno di noi. Chi attraversa per caso la piazza non capisce quello che accade. Lo spazio delimitato all’aperto sembra diventare un luogo sicuro come avrebbero dovuto essere le case, poi l’invito è a lasciare quel bozzolo, quel nido che ci ha tenuti lontani dalla malattia e dal contagio, ma anche dalla vita e dalle relazioni, per andarvi incontro, pur se ancora goffi e impacciati, fuori da quel perimetro protetto. La compagnia ha lavorato concedendosi il tempo necessario, incontrandosi virtualmente in videochiamate, messaggi, per sondare la condizione di isolamento collettivo che ci ha coinvolti. Kepler 452 avrebbe dovuto produrre un lavoro sulla memoria in occasione del 25 aprile, poi riconvertito in una sorta di «lettera al futuro», come la definisce Nicola Borghesi, «da uno spettacolo sulla memoria del passato ci siamo trovati a raccontare la memoria del presente».
«Dal debutto a oggi, alle nostre domande su quanto durerà e come deperirà lo spettacolo, ci sembra che più ci allontaniamo da quella data più diventi forte la rimozione collettiva di quel momento quindi più ci sia bisogno di tornare in quel punto e frequentarlo. Se prima era una visita nel passato presente per elaborare ciò che era appena successo, ora si tratta di rievocare una cosa rimossa da un immaginario collettivo, per questo è ancora più importante tornarci ancora e ancora, finché non sapremo cosa fare di tutte le cose emerse in quel periodo».
«CI SIAMO resi conto» - aggiunge, «che i punti più rimossi di cui non ci occupiamo più sono: come la narrazione di siamo tutti nella stessa barca sia una menzogna, il tema della vicinanza della morte, e quanto possiamo star bene senza consumare compulsivamente delle cose. Inoltre abbiamo avuto la sensazione che nonostante le nostre solitudini nelle case sentissimo di appartenere ad una forma di collettività sconosciuta finora, che si è infranta con la fine dell’isolamento. Credevamo di essere insieme, ma eravamo soli come prima e come siamo dopo». Lapsus Urbano // Il primo giorno possibile oggi e domani sarà a Roma, Dominio Pubblico, dal 26 al 29 a Taranto per Clessidra Teatro, nel mese di agosto e settembre a Udine per la stagione diffusa del CSS, il 29 e 30 agosto a Scandicci, il 5 settembre a Rimini.

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