INTERNAZIONALE

Qui la legge non è uguale per tutti. Come il coronavirus

Stati uniti
PATRIZIO GONNELLAusa /italia

Se sei nero, ispanico o detenuto il virus è meno clemente. Negli Stati uniti il coronavirus, al pari della possibilità di essere fermati, arrestati, incarcerati, colpisce in modo profondamente diseguale gli americani a seconda dell’origine etnica e del colore della pelle. In base ai dati forniti dai Centers for Disease Control and Prevention, gli ispanici e gli afro-americani hanno il triplo della probabilità di essere infettati dal virus rispetto ai bianchi e una possibilità doppia di morire a causa del Covid-19. I dati evidenziano anche come tutto ciò attraversi gli Stati e le regioni senza distinzioni significative, avvenga nelle campagne e nelle metropoli. Il razzismo sistemico, come ha commentato al New York Times il sindaco nero di Kansas City Quinton Lucas, colpisce la salute delle persone allo stesso modo della giustizia penale. Un nero ha circa sei volte più di un bianco la possibilità di finire nelle prigioni locali, statali, federali, pubbliche o private degli Usa.
Nel Paese delle quattro libertà di Franklin Delano Roosevelt la legge - compresa quella penale - non è in sostanza uguale per tutti. Ugualmente il coronavirus e le sue conseguenze non sono uguali per tutti. È una questione di soldi e di reddito in primo luogo. Servono soldi per evitare di vivere per strada di stenti, per procurarsi un buon avvocato, per farsi curare da un buon medico, per pagare la retta ospedaliera. Ma non è solo una questione di status sociale e condizione economica. Il sistema della giustizia, così come quello della salute, è selettivo sulla base della condizione economica, dello status, dell’etnia, del colore della pelle. Povertà e razzismo si intrecciano pericolosamente. Il sistema carcerario americano, al pari di quello sanitario, si accanisce sui meno garantiti. Questi ultimi costituiscono la doppia faccia di un modello sociale neo-liberale fondato sull’esclusione.

L’Italia ha, tra mille tagli, ripensamenti della propria storia costituzionale solidale, tentazioni liberiste, fascinazioni monetariste o illiberali post-sovietiche, conservato un residuo di welfare, utile sia ad attenuare selezioni classiste che ad assicurare l’universalità delle prestazioni. Ma il modello americano rischia di penetrare sempre più diffusamente anche da noi, dove l’analisi socio-etnica della popolazione detenuta ci dice che i meridionali e gli stranieri compongono più dei due-terzi della totalità dei reclusi e i nuovi cluster colpiscono piccole e meno difese comunità di stranieri.
Oggi con decisione dobbiamo evitare che le carceri diventino i nuovi focolai, così come è avvenuto negli Usa, dove, secondo i dati aggiornati dell’American Civil Liberties Union, sono 57.927 i detenuti contagiati (il 3% circa del totale della popolazione detenuta americana, contro meno dell’1% della popolazione libera) a cui vanno aggiunti 14.081 agenti di polizia penitenziaria. Dal 31 marzo al 5 luglio 2020, 629 detenuti e 51 poliziotti sono morti per Covid-19. Una enormità, se guardiamo ai numeri europei.
Dunque, per attenuare gli effetti diseguali del virus e della giustizia penale, in Italia va rilanciato uno Stato sociale universale che si contrapponga alle scorciatoie e alle discriminazioni di chi, ad ovest o a est, preferisca ad esso un più truce stato penale. Un servizio sanitario gratuito, universale è una garanzia contro il razzismo. Una giustizia mite e non vendicativa è anch’essa una garanzia contro politiche di intolleranza etnica o razziale. Una nuova legge sull’immigrazione che abroghi i decreti-sicurezza e la Bossi-Fini distinguerebbe il nostro welfare inclusivo e costituzionale dalle politiche securitarie e xenofobe trumpiane o orbaniane.

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