INTERNAZIONALE

A New York una rete virtuale contro gli abusi in famiglia

Intervista a Cecile Noel, la responsabile dell’ufficio comunale sulla violenza domestica: «Con il lockdown ancora più casi»
MARINA CATUCCIUSA

La questione della violenza domestica è un tema centrale per New York City, specialmente con l’amministrazione di Bill De Blasio: è questa una battaglia portata avanti in modo personale anche dalla first lady cittadina, la scrittrice e attivista Chirlane McCray.
Dal 2015 a capo dell’ufficio del sindaco Office to End Domestic Violence and Gender-Based Violence (Endgbv), c’è Cecile Noel. Sotto la sua guida, i servizi per i sopravvissuti alla violenza domestica sono stati allargati attraverso la rete di 52 rifugi. Noel ha lanciato uno dei primi programmi di prevenzione della violenza domestica a livello scolastico negli Usa, il Teen Relationship Abuse Prevention Program (Rapp), che ora opera in 94 scuole pubbliche di New York.
«Quello della violenza domestica è anche un problema di consapevolezza – ci spiega Noel – ed è importante che agli adolescenti se ne parli».
Questa emergenza pandemia ha complicato il suo lavoro e il lockdown a New York è stato esteso fino al 13 giugno.
Non ci stanchiamo di ripetere: durante un’emergenza come questa stare a casa per alcune persone non è la cosa meno pericolosa da fare. Ciò che abbiamo fatto è stato spostare online tutti i nostri servizi, quelli che prima operavamo con incontri personali. Così possiamo aiutare chi è in una situazione di violenza domestica nello stesso modo in cui facevamo prima che cominciasse l’emergenza. Quando le persone ci chiamavano per avere aiuto noi ci muovevano così che, attraverso il tribunale, potessero avere un order of protection, un ordine di protezione, o nei casi più gravi le includevamo in un piano di emergenza. Continuiamo a farlo, riorganizzato in un unico servizio online.
Come era organizzato il sistema di aiuti che avete dovuto trasferire online?
Un sopravvissuto alla violenza domestica non deve dover passare da un centro all’altro, è importante che trovi tutto ciò di cui ha bisogno in un unico luogo. Le persone arrivavano nei nostri centri comunali e trovavano lì l’assistenza legale, psicologica, economica. Non solo delle informazioni. Ora questi centri da luoghi fisici sono diventati luoghi virtuali. Il fatto è che le dinamiche di una situazione di violenza domestica non sono cambiate, sono cambiate le condizioni, per cui ora quando una persona si rivolge a noi stabiliamo una parola d’ordine per capire quando può parlare liberamente e cerchiamo di ottimizzare il tempo a disposizione. Le persone che sono in una relazione abusante spesso riescono a fare una sola telefonata ed è ancora più importante che durante questa telefonata trovino tutto ciò di cui hanno bisogno in termini di aiuto e di prassi. Ora si può ottenere un order of protection anche virtualmente, senza andare in tribunale.
Il lavoro di riorganizzazione che avevate fatto prima ora è passato da essere efficace a essere fondamentale.
Questo lavoro aveva migliorato il modo cui si aiutavano le persone che si rivolgevano ai centri. Ora con l’aumento dei casi di violenza domestica, esacerbato anche dalla difficile condizione economica in cui ci troviamo, questo modus operandi è più importante che mai. Ci permette di agire velocemente.
Come si fa con le persone che devono essere sottratte al loro domicilio?
Abbiamo riorganizzato i centri di accoglienza, tenendo i nuclei familiari separati, distanziando i singoli, sottoponendo le persone che arrivano ai test. È un lavoro complesso ma siamo riusciti a farlo: a volte l’unico modo di essere al sicuro è abbandonare il luogo in cui si è.
Qual è oggi lo scoglio maggiore da superare?
Dopo la riorganizzazione online dei servizi c'è quello della comunicazione, far sapere alle persone che ci siamo e come raggiungerci. È sul nostro sito ma ne parliamo anche con campagne sui social media e avvisi nei negozi di alimentari locali. Inoltre il servizio di informazioni via sms con cui il comune comunica costantemente con i cittadini riporta spesso il nostro numero verde e invita a usarlo in caso di necessità. Usare quel numero è tutto ciò che bisogna fare per ricevere l’aiuto necessario.
Ci sono nuovi strumenti che usate in questo momento?
Con la New York University stiamo sviluppando una app che le vittime di violenza domestica possono usare per sapere se il loro telefono è controllato da uno spyware, un software che raccoglie informazioni sull’attività online di un utente senza il suo consenso. Accade spesso e le vittime non ne sono a conoscenza.
A cosa avete dovuto rinunciare in questo periodo?
Dovevamo lanciare un nuovo programma per il recupero degli abusanti. È molto importante agire in quella direzione. Il programma è solo rimandato e speriamo di poco.

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