INTERNAZIONALE

Spagna, aperture differite. La palla alle Comunità

MADRID E BARCELLONA ANCORA ALLA FASE 0,5
LUCA TANCREDI BARONEspagna

La Spagna affronta la sua decima settimana di confinamento con un diffuso senso di moderato ottimismo. Ieri (la prima volta che i dati sono stati forniti la sera invece della mattina e sarà così per il futuro) il numero dei decessi, per il secondo giorno consecutivo, è sotto le 100 persone (ieri erano 59, il dato più basso da due mesi a questa parte) e il numero dei nuovi casi diagnosticati con l’analisi Pcr è stato di sole 259 persone: anche questo un record positivo.
Più del 70% della popolazione (32 milioni di persone) si trova già in fase 1 questa settimana, siamo al secondo scalino verso la “nuova normalità” (la fase 3) che presumibilmente verrà raggiunta alla fine del mese prossimo. Madrid e Barcellona e alcune zone della Castiglia e León rimangono invece in fase zero, anche se con l’allentamento di alcune proibizioni: possono già aprire i negozi di meno di 400 metri quadrati, seppure con un limite al numero di clienti, e anche musei e cinema con un terzo del pubblico. I 45mila abitanti delle isole Formentera (Baleari), El Hierro, La Gomera e Graciosa (Canarie) invece passano già alla fase 2, in cui oltre agli incontri fino a 15 persone (nella 1 sono massimo 10), sempre con misure di distanza e mascherina, senza vincoli di movimento per il territorio, potranno di nuovo celebrarsi matrimoni e funerali (con alcuni limiti) e potranno riattivarsi attività turistiche per piccoli gruppi e alcune riunioni di lavoro. Anche la percentuale di clienti ammessi in ristoranti e bar aumenta.
Le due principali città spagnole sono unite ancora da un eccessivo numero di contagi, anche se probabilmente la settimana prossima raggiungeranno l’agognata fase 1. La chiave è la capacità di saper identificare e isolare i nuovi contagiati e i loro contatti, e per questo tutte le comunità autonome hanno dovuto garantire di aver assunto il personale necessario per poterlo fare, e di avere le infrastrutture informatiche a punto. Il direttore del Centro di coordinamento delle allerte e emergenze sanitarie Fernando Simón ieri assicurava che ora c’è un intervallo medio di soli 4 giorni fra l’inizio dei sintomi e la diagnosi, cosa che all’inizio della pandemia tardava fino a 17 giorni; ora, grazie al fatto che non c’è più collasso nei pronti soccorso e che si è imparato a curare meglio la malattia, la letalità (che all’inizio era all’11% dei diagnosticati) è scesa al 2%.
Il governo ha intenzione di chiedere un ultimo rinnovo dello stato di allarme fino a fine giugno: di fronte alle crescenti difficoltà parlamentari delle ultime proroghe stavolta Pedro Sánchez lo vuole chiedere di un mese intero, derogando al dettato costituzionale che prevede proroghe quindicinali, ma promette che sarà l’ultimo. I dati in miglioramento sembrano essere dalla parte del governo. Domani il voto. Stavolta i 10 deputati di Ciudananos non voteranno sì (come l’ultima volta), ma forse Esquerra republicana si asterrà: il negoziato si sta chiudendo in queste ore, perché i soli voti a favore di Unidas Podemos e socialisti non bastano. E la perdita del coordinamento centrale delle misure di rilassamento del lockdown rischiano di mettere a repentaglio i risultati faticosamente raggiunti. Ma il governo è pronto a cedere potere alle regioni per ottenere il voto di Esquerra e Partito nazionalista basco (Pnv).
Intanto i presidenti di Galizia (il popolare Alberto Núñez Feijóo) e dei Paesi Baschi (Iñigo Urkullu del Pnv) si sono messi d’accordo per tornare a convocare le elezioni regionali che erano state annullate il 5 aprile. Aspettare più tempo rischia di rimandare le elezioni in autunno, quando gli esperti prevedono che sia più probabile una nuova ondata di contagi.
L’ultimo asso nella manica del governo rosso-viola sarà l’adozione del sospirato reddito minimo promesso dall’inizio della pandemia. Ora finalmente c’è una data: il consiglio dei ministri della prossima settimana, e dovrebbe aiutare almeno 100mila famiglie.

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