COMMENTO

Breve viaggio nelle 16.300 mail dei firmatari

Un appello popolare
ANTONIO FLORIDIAITALIA

Questa vuole essere innanzi tutto una testimonianza, da un osservatorio privilegiato. Tra i promotori dell’appello “Basta con gli agguati”, mi sono preso l’onere di seguire l’afflusso delle mail di adesione. Siamo stati ben presto travolti da un’ondata: in questo momento, (al 4 maggio siamo a 16.300), ma ho potuto anche leggere alcune delle motivazioni che molte persone hanno aggiunto.
Partiamo da una premessa: si è trattato di un testo promosso da un gruppo di intellettuali, condiviso da migliaia di cittadini “comuni”, un testo che ha rivelato una profonda consonanza con le idee e i sentimenti di una fetta importante dell’opinione pubblica (certo non tutta, ma forse proprio non minoritaria, anche stando ai sondaggi).
Quali le motivazioni? Si possono riassumere in alcuni nuclei ricorrenti nelle mail che ho potuto leggere.
Nessuno (nemmeno il testo dell’appello) difende acriticamente il governo, ma molti sono infuriati per il modo con cui una parte dei media e del ceto politico hanno condotto il dibattito di queste settimane: attacchi talvolta visibilmente strumentali e pretestuosi, che soprattutto lasciavano intendere l’esistenza di manovre finalizzate a far fuori questo governo. Ma per andare dove, poi? Un passaggio chiave dell’appello è stato molto apprezzato: dietro alcune delle critiche al governo, e anche agli attacchi personali ad un Presidente del consiglio bollato come “inadeguato”, molti hanno visto “l’espressione degli interessi e delle aspirazioni di coloro che vogliono sostituire questo governo, e la maggioranza che faticosamente lo sostiene, per monopolizzare le cospicue risorse che saranno destinate alla ripresa”. Quindi: molto meglio Conte che Salvini; molto meglio questo governo che improbabili “governi tecnici” o di “unità nazionale” (con la Meloni!?). Una riflessione che consigliamo ai “retroscenisti” politici: dove comincia l’analisi critica degli “scenari” e inizia invece il lavorìo per crearne le condizioni? A torto o a ragione, molti lettori alla fine sospettano che, dietro le pensose e arzigogolate supposizioni sui “movimenti” di questo o di quel leader, si nasconda il tentativo di orientare il quadro politico in un senso o nell’altro.
È un fatto: la condotta del governo, nel complesso, è apparsa saggia e prudente. La gente poi guarda la tv e fa i confronti con i disastri in atto negli Usa o in Gran Bretagna, o con le analoghe difficoltà in Spagna o in Francia, e ne trae le sue conclusioni. Non solo, ma capisce benissimo che molte delle più evidenti criticità sono riconducibili alla “normalità” malata del passato: a cominciare dall’abbandono del servizio sanitario nazionale (molte adesioni tra medici e infermieri).
E anche un altro fatto: in tante mail si vede che Conte ispira fiducia, anche sul piano personale. A fronte di giudizi tranchant e supponenti (come forse avrebbe detto il grande Arbasino: “ah, signora mia, avremmo bisogno di uno statista, e invece ci ritroviamo un modesto avvocato di provincia”), Conte è apparso come una persona che, dinanzi ad una tragedia enorme, magari commette errori, ma si assume le sue responsabilità, si lascia consigliare da tecnici e scienziati, sta conducendo una strategia attenta sul versante europeo, senza isolare l’Italia.
Ci sarebbe molto altro da dire: non mancherà occasione. Questo archivio di mail potrà restare come un magnifico documento per gli storici di domani. Ma un’ultima notazione va fatta. Questo appello ha suscitato reazioni sdegnate soprattutto tra gli addetti ai lavori del circuito mediatico: ma come ci si permette di criticare chi critica un governo? Stalinismo, peronismo, e giù di questo passo…Ma la “critica della critica critica” è una prassi di nobile ascendenza. Nessuno, ovviamente, pensa che sia illegittimo criticare, ma è altrettanto legittimo criticare i modi, e le finalità, della critica altrui. Piuttosto, un grande insegnamento viene da questa vicenda, ed emerge da tante mail: “basta” con una politica urlata e divisiva, riconquistiamo la civiltà di una discussione democratica aperta e pluralista. Puntiamo sulle cospicue risorse di mobilitazione politica e civica che ancora esistono nel nostro paese e che si sono manifestate in questi giorni. Ne avremo molto bisogno per il “dopo”. Un dopo che sia pensato dal basso, a partire delle diseguaglianze e dalle contraddizioni sociali.

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