INTERNAZIONALE

Serie tv sugli ebrei arabi. Ed è subito dibattito

LA PRODUZIONE SAUDITA «UMM HAROUN»
MICHELE GIORGIOarabi saudita

Un appuntamento consueto del mese di Ramadan è la mosalsal, la serie tv che tante famiglie arabe guardano dopo l’eftar, il pasto che al tramonto rompe il digiuno dei fedeli musulmani. Negli ultimi anni le mosalsal sono cresciute di numero e, grazie a produzioni milionarie, sensibilmente migliorate. Il Ramadan 2020 sarà ricordato anche per l’impatto che il coronavirus ha avuto sulla realizzazione di queste serie, alcune delle quali non sono state ultimate a causa del distanziamento sociale.
E per Umm Haroun (La madre di Aaron), mosalsal saudita che si apre con un lungo monologo in ebraico. Umm Haroun, girata prima della pandemia dal canale satellitare Mbc, di proprietà statale, è la storia di un’ostetrica ebrea kuwaitiana, interpretata dall’attrice Hayat al-Fahd. Attraverso la vicenda tormentata della donna, che a causa delle vessazioni subite sceglierà di trasferirsi nel neonato Stato di Israele, racconta le relazioni negli anni ’40 tra musulmani e comunità ebraica in Kuwait (circa 200 famiglie a quel tempo). La messa in onda della serie durante il Ramadan ha colto di sorpresa milioni di telespettatori arabi e generato accese polemiche.
PER TANTI UMM HAROUN è una «falsificazione della storia» e un altro capitolo della normalizzazione dei rapporti tra l’Arabia saudita, e il mondo arabo in generale, e Israele che da alcuni anni porta avanti il potente principe ereditario saudita, Mohammed bin Salman. Nonché un tentativo di mostrare come vittime gli ebrei nel mondo arabo, al pari dei profughi palestinesi cacciati o fuggiti dalla loro terra prima e durante la nascita dello Stato ebraico. «Israele produrrà mai una serie su una donna musulmana chiusa nelle sue prigioni?», domanda su Twitter Ahmed Madani. Altri, al contrario, ritengono giusto parlare delle comunità ebraiche, parte integrante della popolazione in vari paesi arabi, che soffrirono intimidazioni e furono accusate di tradimento per ciò che accadeva in Palestina senza che, in gran parte dei casi, avessero legami con il movimento sionista di origine europea.
«GLI EBREI ARABI fanno parte della nostra storia. Dobbiamo distinguere tra sionismo ed ebraismo. Non c'è alcun problema con l’ebraismo», spiega Yousef al-Mutairi, professore di storia all’Università del Kuwait, intervistato da Al-Jazeera.net. Tuttavia è arduo credere che sia un caso la scelta della Mbc di trasmettere Umm Haroun sotto Ramadan, quando l’audience sale in tutto il mondo arabo-islamico, a maggior ragione quest’anno con la pandemia che costringe le famiglie a rimanere a casa e a rinunciare alle tradizionali visite a parenti e amici dopo l’eftar.
Non ci sono dubbi peraltro sull’intenzione di MbS di continuare a stringere i rapporti (dietro le quinte) tra Riyadh e Tel Aviv, unite contro il nemico comune, l’Iran. L’erede al trono non prova simpatia per i palestinesi e in varie occasioni ha lasciato capire di considerarli un ostacolo sulla strada di un nuovo ordine mediorientale fondato sull’alleanza tra Arabia saudita e Israele e il ridimensionamento, anche con una guerra, della potenza iraniana. Riyadh peraltro non respinge, come altri Stati arabi, l’«Accordo del secolo», il piano di Trump che prevede l’annessione a Israele di larghe porzioni di Cisgiordania palestinese.
MBS PERÒ DEVE FARE i conti con le conseguenze economiche della pandemia che per il suo regno sono rappresentate dal crollo del prezzo del petrolio e dalla drastica riduzione delle entrate di valuta pregiata. Difficoltà che probabilmente metteranno in stand by i programmi di sviluppo sauditi contenuti nel suo piano “Vision 2030” e i suoi disegni strategici.

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