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Il festival delle lanterne

SIMONE PIERANNICINA

Qualche settimana fa Li Kunwu, attraverso Giada Messetti, ci ha spedito alcune tavole di un suo fumetto creato ad hoc durante il durissimo periodo dell'inizio della quarantena in Cina. Quando sono arrivati i disegni la Cina era ancora d'epicentro del focolaio mondiale, l'Italia aveva chiuso i voli da e per la Cina e sembrava osservare quanto accadeva dall'altra parte del mondo con un misto di paura che la situazione potesse degenerare e la speranza che l'Italia potesse essere immune al coronavirus. Si trattava di giorni durante i quali l'immagine dell'Italia in Cina non era delle migliori: non solo dirigenza del Pcc ma anche la popolazione, tutta tesa a capire cosa stesse succedendo fuori dalle case attraverso i social, sembrava non aver compreso al meglio, o anzi essere delusa dall'atteggiamento italiano, un paese considerato «amico», tanto più dopo la firma del Memorandum of Understanding della Via della Seta.
Da quei giorni a oggi il quadro è cambiato completamente, con un intero paese, il nostro, a ringraziare la Cina per aiuti e vicinanza all'Italia. In questo periodo però i cinesi si sono ritrovati faccia a faccia con le proprie paure e i propri incubi, ognuno perso nel tentativo di far trascorrere il tempo in quarantena o farlo trascorrere al meglio. C'è chi ha scritto diari dall'isolamento, chi ha realizzato video su quanto accadeva nei terrazzi o quanto si poteva scorgere dalle finestre dei vicini di casa, c'è chi, come medici e infermieri, hanno prodotto poesie per raccontare il loro dramma. E c'è chi, come Li Kunwu, ha fatto quanto fa nella vita: ha disegnato.
Artista, disegnatore di poster di propaganda e vignettista del quotidiano Yunnan Daily, Li Kunwu è nel 1955 a Kunming, capoluogo della provincia dello Yunnan, nella Cina meridionale. Come ha scritto Giada Messetti, che ha tradotto le tavole che vedete pubblicate in questa pagina, Li «fa parte della generazione che ha visto la sua esistenza travolta in più di un’occasione dalle ondate della turbolenta storia cinese del Novecento.
In mandarino esiste una parola bellissima: yuanfen. Significa «casualità predestinata». Nel 2005, complice lo yuanfen, Li Kunwu conosce il diplomatico francese Philippe Ôtié. Nascono un’amicizia e una fiducia reciproca profonde che ben presto si materializzano nella trilogia a fumetti «Une vie chinoise», pubblicata in Francia tra il 2009 e il 2011, tradotta in 13 lingue», disponibile anche in Italia, grazie all’intuizione di Add Editore.
Nel primo volume della trilogia, Xiao Li è il protagonista della storia («Una vita cinese, il tempo del padre», Add editore, traduzione di Giovanni Zucca, euro 19,50) una graphic novel che racconta le vicende del paese a cominciare dagli anni Cinquanta fino ad arrivare al 1976 e più precisamente fino al giorno dell’annuncio della morte di Mao Zedong. Da questi primi passi si arriva a un racconto totale della storia contemporanea cinese, completata negli altri due libri della serie, «Il tempo del Partito» e «Il tempo del denaro». Li Kunwu ha un tratto malinconico, come i suoi testi, tesi a liberare del fardello della Storia le vicende umane senza per forza racchiuderla in un intimismo superficiale: la connessione delle vite personali con la progressione storica della Cina emerge dunque in tutta la sua forza, conservando quella passione per la parola e per il disegno che arrivano da lontano. Come ha detto a Messetti nell'intervista apparsa su Linus nell'ottobre del 2018, «Ho cominciato a disegnare da piccolissimo. Il mio primo maestro è stato l’annuario illustrato del 1960, un volume pieno di illustrazioni di propaganda. Lo conservo ancora oggi. Credo che la mia vocazione di disegnatore e fumettista sia nata nei pomeriggi trascorsi a copiare quelle illustrazioni. Finora, non ho mai frequentato accademie d’arte. Forse è proprio perché non ho molte sovrastrutture che, come artista, sono riuscito a sviluppare una certa versatilità. Sono giunto alla conclusione che «la vita è la mia insegnante e la società è la mia classe».

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