SOCIETA

Stadi chiusi per la serie A, per la Coppa si riaprono

AGNELLI SODDISFATTO, L’INTER NO. È POLEMICA: SENZA SENSO, PRIVILEGIATE LE SOLITE
LUCA PISAPIAITALIA

Si gioca a porte aperte, si gioca a porte chiuse, aperte, chiuse. A furia di aprire e chiudere le porte alla fine sono entrati gli spifferi e il campionato si è ammalato. E non si gioca più. La Lega di Serie A ha infatti comunicato, solo ieri mattina, che le cinque partite inizialmente da giocarsi a porte chiuse questo fine settimana sono rinviate a mercoledì 13 maggio. Con slittamento della finale di Coppa Italia al 20 maggio, non più a Roma ché l’Olimpico deve essere a disposizione della Uefa per gli Europei 2020. Si giocheranno quindi a primavera inoltrata, quando mancheranno poi due giornate alla fine del campionato, Milan-Genoa, Parma-Spal, Sassuolo-Brescia e Udinese-Fiorentina. E soprattutto la sfida scudetto tra Juventus e Inter, inizialmente prevista a porte chiuse stasera a Torino. Sarà ancora una partita decisiva, come lo sarebbe stata se giocata oggi? Lo sapremo solo vivendo, virus permettendo.
QUELLO CHE SAPPIAMO, però, è che nell’incontro tra Governo e presidenti di Regione si è proposto di far invece disputare la semifinale di Coppa Italia tra Juventus e Milan, nello stesso stadio, tra tre giorni. A porte aperte, ma solo per i piemontesi. Evidentemente la Coppa Italia è meno infettiva del campionato. Una gestione dello stato di emergenza ridicola, che riflette quella politica e mediatica: un giorno apocalittici e un giorno integrati, a seconda delle convenienze del caso. Ci mancherebbe, la situazione è difficile, e la salute viene prima di tutto, ma forse non è il benessere dei cittadini la causa dei rinvii. Altrimenti non si spiegano né l’assurdità di uno stadio contagioso per il campionato e immune per la Coppa, né il fatto che oggi sia possibile scendere a Lecce per i tifosi bergamaschi, ieri non lo era e domani chissà, con la città lombarda considerata a rischio.
O CHE SI SIA GIOCATA regolarmente la Serie B, al massimo a porte chiuse, con tutti gli spostamenti dei tifosi. La decisione di rinviare le cinque partite è stata sostenuta da Malagò (Coni), Gravina (Figc) e Spadafora (ministro dello sport), che ha detto: «Abbiamo scelto di prediligere il rinvio piuttosto che giocare negli stadi vuoti, tenendo conto delle ripercussioni a livello di immagine sul nostro paese». Come se fosse invece bella l’immagine che si dà ogni domenica nel giocare in impianti scomodi e fatiscenti, riempiti a malapena per il 60% (negli altri campionati si sfiora il 90% ).
CHI FREQUENTA I PALAZZI del potere calcistico dice che a essere molto contento del rinvio è il presidente della Juve Andrea Agnelli, che non voleva assolutamente giocare a porte chiuse il big match con l’Inter. E infatti altri lo sono meno. Non le manda a dire, guarda il caso, l’ad dell’Inter Beppe Marotta: «Ho grande rispetto dei provvedimenti a tutela della salute, ma da dirigente sportivo sono molto preoccupato. Bisogna salvaguardare l’equilibrio e la competitività del campionato. La cosa poteva essere risolta prima, senza arrivare a decisioni dell'ultimo momento. Tutto poteva essere gestito meglio». Ancora più duro Fabio Liverani, allenatore del Lecce: «Come al solito in Italia si prendono decisioni senza senso e senza logica, ci riporta alla luce il lato oscuro che calcio che abbiamo provato a ripulire. Una decisione del genere tutela solo quelle quattro-cinque squadre che hanno degli interessi».
TRA DANNI D’IMMAGINE e danni economici, stadi che si ammalano e poi guariscono, tifoserie che un giorno sono composte da untori e il giorno dopo invece no, l’impressione è che ai piani alti del pallone e della politica come al solito della salute, delle persone e del campionato, non interessi a nessuno.

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