«Non è Hollywood. È un progetto su come le persone intraprendono consapevolmente un percorso, un difficile viaggio emotivo». Ilya Khrzhanovsky, regista del film in concorso alla Berlinale 70 «DAU. Natasha», ha affrontato le polemiche sollevate dal suo lavoro, accusato di «propaganda pornografica» dal ministro della Cultura russo, e travagliato invece in Europa da voci di molestie consumatesi sul set. Voci, ha sostenuto il regista, suscitate dalla natura «immersiva» del film: «Ciò a cui vi riferite non è mai accaduto. È un progetto piuttosto inusuale, per cui può accadere che le persone vadano in giro a dire ’Sicuramente qualcuno è stato stuprato’». Khrzhanovsky ha anche smentito le interviste riportate da «Le Monde» e «GQ» in cui avrebbe chiamato le sue attrici «prostitute». «Il frutto- ha detto il regista - di fraintendimenti e problemi di comunicazione». Allo stesso modo il filmmaker ha smentito le accuse di violenze sessuali sul set riportate da alcuni giornali, sostenendo che si tratta di storie anonime riprese da fonti in lingua russa : «Non viene riportato alcun nome: è una pratica molto sovietica».