CULTURA

La memoria imperfetta e il rimosso di ciò che conviene

GIORGIO ZANCHINI, «SOTTO IL RADIOSO DOMINIO DI DIO», EDITO DA MARSILIO
GIACOMO GIOSSIITALIA

La mancanza di memoria e ancor più di memoria condivisa è ormai più che un semplice limite, bensì un vero e proprio tratto tipico del carattere nazionale.
L’Italia che non ha voluto e non ha saputo fare i conti con la propria storia è la ragione per cui - spesso - il fascismo viene vissuto più come un tempo capitato per caso, una parentesi dentro cui ogni cosa viene confusamente sovrapposta e in cui le colpe e le scelte compiute si elidono a vicenda in una velenosa alzata di spalle generale. Tuttavia si assiste da un po’ di tempo a un piccolo fenomeno che per certi versi sembra in grado di generare una fresca consapevolezza facendosi strada in quella stretta via che sta tra vita privata e famigliare e responsabilità pubblica e politica.
UNA FORMA LETTERARIA che chiama a sé figure di autrici e autori spesso molto diverse, ma che sembrano capaci di indagare attraverso una rielaborazione privata e romanzata episodi della vita pubblica prima totalmente o in parte rimossi: uno dei casi più interessanti riguarda il romanzo d’esordio di Giorgio Zanchini, giornalista e conduttore radiofonico e televisivo. Edito da Marsilio, Sotto il radioso dominio di Dio (pp. 224, euro 16) è la ricostruzione a tratti documentaria e a tratti totalmente romanzata della figura di padre Tacchi Venturi, più superficialmente conosciuto come il confessore di Mussolini.
IL ROMANZO si snoda rapido in quattro movimenti, un percorso che vede compenetrarsi documenti e lettere con una struttura narrativa leggera, ma mai banalmente stereotipata. Un viaggio nella memoria famigliare all’inseguimento della verità su un parente scomodo e ingombrante come padre Tacchi Venturi: un brav’uomo per i parenti, ma anche un’inquietante eminenza grigia per i suoi legami con il mondo ecclesiastico e il potere fascista.
ZANCHINI SCEGLIE una strada non banale e parecchio accidentata: accompagnare il lettore in un viaggio tra memoria intima e memoria pubblica; facendolo mostra come i buchi della prima si riflettano sulla seconda e in parte anche non volendo spiega il profluvio di romanzi famigliari italiani degli ultimi anni evidenziando non tanto come la famiglia sia il centro della Storia, ma di come la mancanza di senso della Storia nasca proprio da un’assenza di elaborazione della memoria famigliare.
Sotto il radioso dominio di Dio si rivela così un romanzo agile, ben scritto che gestisce con cura la difficoltà di unire il senso contemporaneo della storia, la sua analisi e i documenti entrati a noi in possesso (come nel caso delle lettere del Capitano - il nonno dei protagonisti - direttamente dalla campagna di Russia) con il sentimento di un Ventennio che lungi dall’essere stato una semplice parentesi si è invece incarnato fin dentro le biografie di ognuno proseguendo a vivere alle volte in contraddizione alle volte in perdurante linearità nella repubblica.
ZANCHINI rivela entrambi gli aspetti e in particolare la contraddizione che ha portato troppo spesso a trascurare una memoria collettiva in nome del «tengo famiglia». L’autore ribalta infatti questo legame mostrando come la famiglia proprio perché oggi è superabile e apribile in direzioni diverse e possibili sia il luogo utile per la ricostruzione della memoria e lo fa con un romanzo aperto in cui i nipoti si confrontano con gli avi e contemporaneamente attivano un confronto con se stessi, con il proprio precario e fuggevole presente.
Un romanzo dunque che rifugge gli schematismi e le banalizzazioni, ma senza dimenticare l’esigenza e lo spirito esistenziale che ha caratterizzato la letteratura e l’ideologia, per offrire un testo che si nutre e al tempo stesso si offre alla storia.

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