VISIONI

Padre e figlio in viaggio verso il sud. Storia di un’educazione criminale

DRAMMATICO
SILVANA SILVESTRIITALIA

Nella tradizione del cinema italiano che ha messo a confronto da sempre padri e figli, cogliendo le debolezze degli adulti e la saggezza dei bambini, anche il film di Guido Lombardi, già premio Solinas per il soggetto, si basa su questo confronto. Lombardi che esordì in maniera clamorosa con Là-bas alla Settimana della critica vincendo il premio De Laurentiis come migliore opera prima, girato nella zona di Castelvolturno, ispirato alla strage di sei ragazzi africani del 2008 ad opera di un commando di camorristi non sembra tanto essere interessato al rapporto psicologico del rapporto padre e figlio che avanza nel corso del viaggio e si mescola come per osmosi: un padre criminale finito in carcere per aver ucciso un poliziotto durante un controllo, un figlio non più visto dall’età di cinque anni, cresciuto in Trentino con gli zii, avvezzo alle buone maniere, alla medaglia di primo della classe, alla lingua tedesca. Si fronteggiano Riccardo Scamarcio che film dopo film affina il suo lato oscuro e Augusto Zazzaro (il figlio Salvo), ma allargando lo sguardo alle differenze di classe, a una blanda «educazione criminale» del ragazzino che come unico manuale e punto di riferimento ha i pirati dell’Isola del Tesoro peraltro appena iniziato. Più facile imparare sul campo vedendo rubare e maneggiare la pistola in feroci intimidazioni.
ALL’USCITA dal carcere il padre è andato a riprendersi il figlio ufficialmente per passare qualche giorno insieme, in realtà come copertura per eventuali controlli: la consegna è «restare in macchina» più che uno stratagemma di sceneggiatura per avanzare nel racconto di un viaggio verso il sud («a Bari c’è il tesoro») dove consegnare «la merce» un elemento di protezione. Lo sguardo del ragazzino dal finestrino, assomiglia metaforicamente allo sguardo di chi «sta fuori», di chi vede gli effetti della criminalità solo dallo schermo del televisore, dalla lettura della cronaca nera. Così si giustificano le successive scene di violenza, perfino la processione dei flagellanti incappucciati ognuno con una colpa da espiare e una grazia da chiedere ma che richiamano alla mente con la loro inusitata presenza (una ulteriore traccia di sangue), gli assassini di Pinocchio. Un altro livello di lettura, riferimento classico è infatti quello di un Pinocchio rovesciato, dove si incontrano il burattino di legno che ha affrontato ogni sorta di avventure e il bambino perbene che trovò alla fine buffo quel suo alter ego accasciato contro il muro.
SI PERCORRE la costa pugliese, meta di innumerevoli film realizzati con la Film Commission, alla ricerca del responsabile dell’arresto di sette anni prima (un «ladro di giorni»). Almeno qualcosa di fondamentale il padre riesce a insegnare al figlio: come buttarsi in mare dagli scogli alti e come scegliere la squadra, anche se sta in serie D («ma torneremo»).

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