ECONOMIA

Gli «host» di Airbnb a Franceschini: «Vogliamo un turismo sostenibile»

CAPITALISMO DIGITALE
LUCA MARTINELLIITALIA

«Gentile Ministro Franceschini, sono un cittadino attivo su Airbnb, la comunità di chi, condividendo in Italia una stanza, una casa o più alloggi, oppure una esperienza, promuove l’ospitalità in casa, il viaggio e il turismo esperienziale, grazie al potere della tecnologia e della Rete». Comincia così la lettera/petizione pubblicata sul sito di Airbnb Citizen, di cui fanno parte gli host, coloro che affittano casa usando il portale nato in California. Scrivono al ministro del Turismo - e dei Beni culturali - per avanzare quattro proposte, che sarebbero il frutto di una elaborazione collettiva, iniziata il 16 novembre durante l’evento diffuso «100case100idee». Secondo Airbnb, migliaia di persone si sarebbe «riunite per discutere di turismo responsabile e sostenibile e avanzare proposte per il Paese».
Le quattro principali sono elencate nella lettera a Dario Franceschini, che in dieci giorni ha registrato appena 4.677 firme, poche se è vero che in Italia ci sono oltre 200mila host. Gestiscono almeno 415mila annunci, per un totale di oltre 1,8 milioni di posti letto, secondo i dati aggiornati al giugno del 2019 diffusi a metà gennaio da Infodata del Sole 24 Ore, e forniti da Vincenzo Patruno di onData, un’associazione che lavora per diffondere la cultura della trasparenza e degli open data.
Che cosa chiedono gli host? L’avvio di «un processo di semplificazione burocratica in modo da favorire la piena legalità del settore», «di esprimere sostegno ai pagamenti digitali in ambito turistico, unica arma efficace contro il nero e capace di rendere attrattivo il nostro Paese per un turista che arriva dall’estero e che difficilmente predilige l’utilizzo del contante». E ancora, «di riconoscere il ruolo degli host come ambasciatori del territorio e di un turismo sostenibile, che riduce il consumo di suolo, valorizza le tradizioni locali, allarga i benefici della crescita del settore anche alle aree interne del Paese», e «di sostenere la semplificazione dell’imposta di soggiorno a livello nazionale».
Sulla pagina Facebook Airbnb Citizen Italia i commenti all’iniziativa non sono tutti concordi. Se alcuni addirittura rilanciano, scrivendo che «sarebbe utile potersi detrarre le spese di esercizio (migliorie, lavaggi, pulizie ecc )» perché «portiamo benessere alle città che beneficiano degli ospiti che visitano musei, fanno percorsi, mangiano ai ristoranti», altri commentano per spiegare la decisione di non firmare. Antonietta I., ad esempio, dice di non essere d’accordo su molti aspetti: «Si è tradito lo spirito originario di Airbnb (che significava bed and breakfast); dalla camera nel proprio appartamento si è affittato l’appatamentino e poi sono subentrante immobiliari con più alloggi», un fenomeno che vede appartamenti «gestiti non in prima persona», andando ad incidere «troppo sul settore alberghiero che ha migliaia di addetti anche stagionali a cui viene sottratto da chi possiede anche anonimamente più appartamenti il lavoro». Per finire, la crescita di Airbnb sottrae «alloggi dal mercato immobiliare e i giovani fanno sempre più fatica a trovare a prezzi abbordabili una casa».
Le analisi che evidenziano le trasformazioni delle città legate all’espansione di Airbnb sono sempre di più. #mapparoma ha sottolineato come nella Capitale gli alloggi siano concentrati nelle zone più centrali, la metà sono nel solo I Municipio (15.700); a Bologna gli studenti sono scesi in piazza nel settembre scorso, protestando contro la presenza invadente della piattaforma, portando il Comune a ragionare di una moratoria o sospensione, almeno nel centro storico. OnData ha censito l’incidenza, il rapporto tra appartamenti in affitto su Airbnb e gli abitanti: in Italia, a Venezia sono 301 ogni 10mila abitanti, segue Firenze con poco più di 295. InsideAirbnb pubblica i dati di tante città italiane. «Noi crediamo sia positivo che gli host si pongano con serietà il problema fiscale, dell’imposta di soggiorno il cui gettito deve essere destinato al territorio, dell’uso della Carta di Credito invece del contante. Apprezziamo anche la loro volontà di essere ambasciatori del territorio e di adottare buone pratiche di sostenibilità. Poter definire la loro ospitalità come «responsabile» (lo fanno nella lettera, ndr) non dipende però dalla loro tipologia di offerta ma dall’effettiva adozione di buone pratiche di sostenibilità che va dimostrata caso per caso» dice al manifesto Maurizio Davolio, presidente dell’Associazione italiana turismo responsabile. Che a Bologna sta seguendo il dibattito in corso tra gli host più sensibili, quelli che vorrebbero tornare allo spirito originario della piattaforma.

Supporta il manifesto e l'informazione indipendente

Il manifesto, nato come rivista nel 1969, è sinonimo di testata libera, indipendente e tagliente.
Logo archivio storico del manifesto
L'archivio storico del manifesto è un progetto del manifesto pubblicato gratis su Internet e aperto a tutti.
Vai al manifesto.it