INTERNAZIONALE

I giovani contro la verità in ritardo di Khamenei

FARIAN SABAHIiran/Teheran

Sui social circolano immagini di una donna portata via, a terra una pozza di sangue, scrive la Bbc. In un video quelli che sembrano miliziani attaccano i dimostranti, si sentono colpi di arma da fuoco.
ALCUNE PERSONE sarebbero state ferite in piazza Azadi a Teheran, in sottofondo lo slogan «Morte al dittatore». Ma le forze dell’ordine negano di aver usato proiettili contro i dimostranti e secondo il capo della polizia «qualcuno sta manipolando la realtà». È stato il terzo giorno consecutivo di proteste nonostante le rigide misure di sicurezza. A radunarsi sono stati gli studenti delle università Sharif e Al Zahra di Teheran e quelli del politecnico di Isfahan. «Hanno ucciso le nostre élite, le hanno sostituite con i religiosi», un altro slogan citato da Reuters.
Le proteste erano scoppiate sabato perché l’oligarchia di Teheran negava di aver avuto un ruolo nell’incidente del Boeing 737 delle linee aeree ucraine, sostenevano fosse caduto per un guasto. Solo sabato avevano ammesso di averlo colpito con un missile, per errore. L’incidente risale a mercoledì all’alba, poche ore dopo l’attacco con i missili dei pasdaran a due basi americane in Iraq in risposta all’assassinio del generale Soleimani per volere di Trump il 3 gennaio.
176 I MORTI, la maggioranza giovani iraniani, tornavano in Canada dopo le vacanze natalizie. A loro verrà dedicata una strada e sarà costruito un memoriale a Teheran. Alle famiglie le autorità pagheranno complessivamente 150 milioni di dollari. Le vittime erano matematici, fisici, biologi. Laureati nelle migliori università iraniane, particolarmente selettive, come il politecnico Amir Kabir di Teheran e l’ateneo Sharif specializzato in tecnologie. Con un diploma in questi atenei si riesce a entrare a Stanford e al Mit di Boston per gli studi postlaurea.
Tra le vittime dell’incidente aereo molti si erano trasferiti in Canada per terminare gli studi. Tanti altri vi avevano trovato lavoro nei laboratori oppure avevano continuato la carriera accademica. Una buona parte aveva ottenuto la cittadinanza canadese. Il loro era un percorso simile a quello della matematica Maryam Mirzakhani, la sola donna ad aver ottenuto la medaglia Fields.
Le menzogne di regime dopo l’abbattimento del Boeing hanno gettato benzina sul fuoco e scatenato nuove proteste di piazza. Non è la prima volta che gli studenti mettono in dubbio la legittimità della Repubblica islamica. Purtroppo, la macchina repressiva di regime è ben oliata. A scardinare il sistema non saranno le proteste di questi ultimi giorni per l’abbattimento di un volo di linea.
I DIMOSTRANTI hanno preso di mira il leader supremo Ali Khomeini e non il presidente moderato Rohani e il suo ministro degli Esteri Zarif: gli iraniani sono ben consapevoli che ad abbattere il Boeing delle linee aeree ucraine sono i pasdaran che riportano direttamente all’ayatollah Khamenei senza dover rispondere in alcun modo all’esecutivo. È lui, il Rahbar, a decidere che cosa fare. Per esperienza sa di non poter fare concessioni, altrimenti gli verrà chiesto di più. Per questo al momento non ci sono segni di apertura: né le proteste né le pressioni straniere sembrano mettere in ginocchio la leadership di Teheran.
ORA SONO TRE gli appuntamenti che si delineano all’orizzonte in Iran. In questi tre appuntamenti a giocare un ruolo saranno le difficoltà economiche dovute alle sanzioni internazionali, ma anche l’incapacità dell’oligarchia di Teheran di gestire la cosa pubblica.
Ad avere un peso saranno pure i tanti limiti alle libertà personali, i diritti negati. Ci saranno da monitorare i funerali delle vittime dell’abbattimento del Boeing, non è stato dichiarato lutto nazionale come per la morte di Soleimani e resta da vedere se ci saranno esequie di Stato. Il secondo appuntamento è l’11 febbraio, anniversario della rivoluzione iraniana del 1979 ma anche quarantesimo giorno della morte di Soleimani: secondo la tradizione sciita è un momento di commemorazione e ci potrebbero essere ulteriori cortei. E ancora, venerdì 21 febbraio gli iraniani andranno alle urne per eleggere i 290 deputati della prossima legislatura. Eh sì, in Iran esiste un parlamento da oltre cent’anni e ad avervi una loro rappresentanza sono anche le minoranze religiose: ebrei, cristiani e zoroastriani.
GLI IRANIANI possono andare alle urne, ma il percorso verso il pluralismo e la democrazia è ostruito dal Consiglio dei Guardiani, organo composto da dodici membri del clero conservatore che in questi giorni sta squalificando una serie di candidati moderati, tra cui anche diversi deputati già in carica.

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