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Ciao Benedetto

AA. VV.ITALIA/ROMA

L’Incontro sul ’68
La notizia della morte di Benedetto, che ho incontrato una volta sola a un incontro sul ’68, ma che ho sempre letto con grande interesse, mi ha colto di sorpresa e con dolore. Vicina col pensiero ai famigliari e alla redazione del manifesto, vi abbraccio
Lea Melandri


La prima stanza a sinistra
Due scrivanie vicine e liti giocose tutti i giorni. Per anni.
Meravigliosa seziona cultura, quando il manifesto era il manifesto e in quella piccola stanza c’eravamo io te e Stefania (fatte salve le intrusioni di Ida che ci «istruiva» sempre affinché studiassimo, capissimo, imparassimo). Stefania e Benedetto avevano un rapporto speciale, impossibile entrare nelle loro dinamiche. Amorose perché politiche.
Discorsi su discorsi, sigarette su sigarette. Era bello stare lì – io piccola e sparuta – ad ascoltarli. Imparai presto il lavoro di squadra ma qualcosa non tornava. Stefania cercava di convincerci che - almeno alle politiche - avremmo dovuto votare. Ben ed io non le demmo mai questa soddisfazione. Era più forte di noi. Di votare, certo, abbiamo votato, quando c’era qualcosa da decidere per il giornale. Non abbiamo mai vinto. Ne ridevamo, lui col suo bicchiere di vino e io con la mia birretta…«che sei proprio una meridionale per bere quella roba».
Carla ogni tanto si aggregava e il casino si ingigantiva. Già perché una volta abbiamo pure votato e persino abbiamo vinto…fu così che il manifesto cadde a picco. Così eravamo. Perdenti con convinzione, pensavo io. Forse valeva per me. Ben è stato invece un combattente.
Mi manchi sai, anche quando mi chiamavi giudia; anche quando per farti pubblicare un pezzo – non mio – dovevo supplicarti perché gli aspiranti giornalisti rompevano le scatole a me. Mi manchi quando un giorno – tu unico tra tutti – ci hai salvato da un ridicolo attentato. Hai soccorso Insabato, l’hai curato e salvato.
Solo un vero comunista può salvare un (finto) fascista. Però Ben, una cosa devo dirtela.
Di quella tua fissa sull’economia digitale io non c’ho mai capito un cazzo… e ti assicuro che mi ci sono sforzata.
Che la terra ti sia lieve, compagno di battaglie perse.
Iaia Vantaggiato


Follia al potere ...
Benedetto è stata una delle prime persone con cui ho parlato al «manifesto». È stato lui che - nella veste di presidente del Cda - ha firmato - qualche anno fa - il mio primo contratto; che - con una certa «avventatezza» - ha dato fiducia a un perfetto sconosciuto, in profonda crisi per la perdita - a più di cinquant’anni - del lavoro... Mi ha dato fiducia, consegnandomi praticamente - un po’ follemente - le sorti quotidiane del giornale, facendomi diventare uno dei (due!) tecnici che permettono a questa «forma originale della politica» di andare ogni sera in tipografia e - quindi - in edicola. Non ho mai avuto bisogno di ringraziarlo a parole, sono bastati gli sguardi, i lievi sorrisi, le poche parole e i tanti silenzi quando ci incrociavamo nei corridoi o lo vedevo scrivere nella «stanza delle culture». Ora il mio pensiero va alle occasioni perse, alle persone che gli hanno voluto - che gli vogliono bene... Ciao Ben, ti stringo forte nell’abbraccio che non ti ho mai dato, ti dico il «grazie» che non ti ho mai detto, mi mancherai.
Adolfo Gaudioso


Il Cerchio quadrato
Caro Benedetto, vorrei ringraziarti. Perché avevo 20 anni, per me eri ancora solo un nome, ma divoravo i tuoi articoli su «Luogo Comune», dando forma al mio magma intellettuale e politico. Perché il tuo ritratto dei giovani dei centri sociali sul «Cerchio Quadrato» del dicembre 1993 mi convinse che era bello essere sulla strada giusta verso la parte del torto. Per gli articoli che mi commissionavi nel periodo più difficile della mia vita, quasi volessi invitarmi a non desistere. Per i consigli da padre a padre che mi elargivi in chat. Non ci siamo visti spesso di persona. Ma ho sempre sentito con te una complicità intellettuale e umana che mi mancherà. Proviamo a mantenerla dove sei ora. Buon viaggio, Ben. Grazie ancora.
Vincenzo Scalia


L’utopia in rete
Il 6 gennaio ci ha lasciato Benedetto Vecchi, fine intellettuale, si occupava della pagina culturale de «il manifesto». Un punto di riferimento per le recensioni di libri che ci rendevano ancora più curiosi. Autore di interessanti pubblicazioni ed innovative riflessioni dava alle stampe, nel 2015, «La rete. Dall’utopia al mercato» e successivamente nel 2017 «Il capitalismo delle piattaforme». Socio della prima ora del BIN Italia, ha collaborato con le sue idee e i suoi scritti alla pubblicazione dei Quaderni per il Reddito, partecipando a numerose iniziative pubbliche, dibattiti, incontri e approfondimenti coniugando il tema del reddito di base con le trasformazioni produttive e l’innovazione tecnologica. Lo abbiamo conosciuto soprattutto come una persona sempre disponibile, attenta, capace di ascoltare e quindi mai scontato nelle sue relazioni ed i suoi interventi. Caro Benedetto sentiremo la tua mancanza.
BIN Italia


La nicchia del copyright
Ci sono luoghi del pensiero abitati da chi è capace di attraversarli, amplificarli, renderli fecondi per idee e intuizioni. Anche, e certe volte soprattutto, quando si è in pochi a portarle avanti. Ma pochi non significa soli.
Significa cercarsi su sentieri di nicchia dove mettersi in dialogo, tracciare collegamenti con altre donne ed uomini che hanno fatto dello sforzo intellettuale di capire il presente e le trasformazioni economiche, sociali e culturali indotte dalle tecnologie digitali, la propria ragione di vita. E soprattutto significa provare a rendere questo bagaglio di saperi e conoscenze un bene comune, una cassetta di attrezzi culturali indispensabili per i nostri simili. Formidabili intuizioni taglienti come codici hacker rigorosamente open source da offrire a chi non si arrende all'idea che questo presente non si possa cambiare. Non si possano immaginare altri futuri. Benedetto Vecchi era tra questi. Dal copyright allo sfruttamento dei riders, dall'intelligenza artificiale ai monopoli della rete. E per questo per me era sempre un piacere leggerlo e, quando potevo, anche dialogarci. Mi mancherà. Ci mancherà ogni volta che la realtà ci darà conto di un nuovo fatto su cui interrogarci, una nuova sfida da accettare per chi immagina diritti dove crescono racconti che diventano distopie. Ciao Ben Olds, che la terra ti sia lieve
Marco Trotta


L’impegno critico
Alla famiglia di Benedetto e alla redazione, un abbraccio nel ricordo per quanto Benedetto ha saputo darmi con il suo serio impegno di critico e di studioso, sempre attento ai fatti e ai problemi politici e e culturali dei nostri tempi difficili.
Maurizio Giufrè


La preoccupazione di Kafka
«Le preoccupazioni col peso delle quali i privilegiati si scusano di fronte agli oppressi sono appunto le preoccupazioni per conservare i loro privilegi». Dedico le parole di un folgorante quanto sconosciuto Franz Kafka nel terzo quaderno degli «Otto Quaderni in ottavo» alla memoria di un intelligente, appassionato e acuto compagno, rosso ed esperto nel solco della migliore cultura critica del pensiero marxiano che ha caratterizzato questi duri anni di resistenza al pensiero unico globale. Un fraterno saluto Gabriele Ciucci
Interlocutore prezioso
Apprendo della scomparsa di Benedetto Vecchi. Mi unisco a quanti hanno voluto ricordarlo: un interlocutore prezioso, un intellettuale di alto livello con il quale ho avuto l'onore di corrispondere. Un pensiero per lui.
Franco Astengo


Un moderno Virgilio
Non posso credere che non lo leggerò più. Era una delle firme de il manifesto che cercavo, che leggevo annuendo, che facevo mio. Mi ha aiutata, come un moderno Virgilio, nella discesa agli inferi della rete, per spiegare il capitalismo delle piattaforme con la chiarezza di chi ha capito profondamente. La sua stella ci mancherà. Alla famiglia e agli amici della redazione va tutto il mio affetto,
Concettina Ghisu


La vita insieme in via Ripetta
Quando ti arriva tramite Fb la notizia che un vecchio compagno che non vedevi da anni ci ha lasciato senti che un pezzo della tua vita, un altro, se ne va insieme ai tanti ricordi di una militanza che era fatta di politica ma anche di amicizia e tanta cultura. Con Benedetto mi accomuna un periodo della vita trascorso in Via Ripetta dove c’era la sede della Cooperativa «il manifesto», in cui ho scalato i gradini dell’impegno da attaccare i francobolli sulle lettere dell’ufficio spedizioni, passare poi alla rivista Antigone, che si occupava di problemi carcerari, fino alla redazione di una delle prima radio libere di movimento, Radio Spazio Aperto. Sempre con me c’era Benedetto, più giovane di me, ma sicuramente ben più attrezzato politicamente e culturalmente soprattutto per quel che allora era appena agli albori: la comunicazione digitale. «Il manifesto» fu il primo giornale a passare dal modo tradizionale ai computer. E furono allora profonde discussioni sul lavoro, sulla sua distruzione e sulle nuove figure professionali. Benedetto stava dentro questi processi di trasformazione. Sapere oggi della sua morte, mi fa pensare a come oggi è la politica, priva di passione e di visione. La nostra, quella del collettivo «il manifesto», è una storia che ha superato, fra slanci e difficoltà, i cinquant’anni ma anche se delusi, acciaccati, siamo ancora qui a cercare di non far morire quel bambino che ci ricordava che la «rivoluzione non russa». E proprio il 15 gennaio sarebbe stata l’occasione di rivederci in occasione della «cena a sostegno del manifesto» insieme al direttore Norma Rangeri e Ascanio Celestini. Peccato che tu, Benedetto, non potrai esserci, sarebbe stata l’occasione per abbracciarti e riprendere un dialogo proprio in un momento in cui la «pace» nel mondo è di nuovo in pericolo. E con la parola «pace» ti voglio ricordare, postando una foto degli anni ottanta in una delle tante manifestazioni pacifiste in cui il collettivo de «il manifesto» era presente. E io ero lì insieme agli allora piccoli Gianluigi e Alessandro.
Roberto Papa

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